Lasciare il proprio paese, rinunciare a tutto, ricominciare da zero;
lasciare i genitori, le relazioni, i beni,
per abbracciare la sofferenza.
Lasciare il proprio paese è come
diventare un bambino abbandonato,
che non sa da dove viene ne’ dove va.
Le persone arrivano da tutte le direzioni
e passano, e lui è là, fermo, come uno
che impara a guidare.
Lasciare il proprio paese è
accettare di soffrire per poter
abbracciare un mondo nuovo,
dove ci sono persone, ma sconosciute.
E’ come se si vivesse soli
nel mondo. Che sacrificio!
Lasciare il proprio paese è
sacrificare la propria vita perché
dall’altra parte tutto è altro,
lingua differente, diversa cultura,
mentalità lontana. Deve piacere tutto
e tutto bisogna sopportare perché è il solo
modo di vivere in un paese di altri.
Lasciare il proprio paese è
accettare di essere come un bambino
che riceve il bene e il male, sempre
sorridendo e alla fine è il primo ad abbracciare gli altri.
Lasciare il proprio paese è
accettare di considerarsi
come un mendicante, che elemosina
un po’ d’amore e d’amicizia
cercando comprensione e accordo,
come chi ha studiato diplomazia.
Lasciare il proprio paese è
accettare di diventare un sordomuto,
che sorride senza niente comprendere.
Il suo unico modo di rispondere è
un sorriso sulle labbra e nello sguardo.
Lasciare il proprio paese è
accettare di essere messi in ridicolo
per gli errori commessi, come un bambino che all’asilo
impara l’alfabeto, dalla A alla Z.
Lasciare il proprio paese
disposti ad accettare immediatamente
la vita come si presenta,
per vivere meglio, e stare bene con se’ e con gli altri.