Elogio del partigiano Orso

In Italia faceva il cuoco e il cameriere, come molti dei suoi coetanei, quel tanto che bastava per sopravvivere. Ma dentro di sé colitivava il sogno di un mondo migliore e rifiutava ipocrisie e compromessi. Non sopportava, come diceva lui, di vivere nel menegreghismo.

Cercava una causa in cui riconoscersi e lasciarsi coinvolgere. Sentiva il bisogno di lottare per i valori in cui credeva. Non la propria patria, perché per lui la patria era tutto il mondo; non il proprio popolo, perché per lui il popolo era l’umanità intera. I valori in cui credeva erano i principi universali di libertà e giustizia. A cui ha finito per sacrificare la propria vita.

Si chiamava Lorenzo Orsetti, per gli amici Orso. Un ragazzo fiorentino di trentatrè anni. E’ stato ucciso il 18 Marzo 2019 nel Kurdistan siriano, mente combatteva al fianco delle milizie curde. Insieme ad altre centinaia di volontari di tutto il mondo, italiani compresi, che si sono aggregati alle unità di autodifesa curde dello YPG e del Syrian Democratic Force, per contrastare gli uomini del Califfo Abu Bakr Al Baghdadi.

            “Abbiamo abbattuto un crociato italiano”, le testuali parole usate dall’Isis per annunciare l’uccisione di Orsetti a Barghuz, ultima roccaforte dello stato islamico in Siria, dove tuttora imperversa la battaglia per il controllo della città. Ma più che un crociato, quel giorno di marzo è caduto un partigiano.

           “Sono morto facendo quello che ritenevo più giusto, difendendo i più deboli e rimanendo fedele ai miei ideali di giustizia, eguaglianza e libertà. Spero che anche voi un giorno (se non l’avete già fatto) decidiate di dare la vita per il prossimo, perché solo così si cambia il mondo”. Sono le parole che Orsetti ha lasciato per tutti noi.

           Mi sono commosso leggendo quello che aveva scritto, e mi sono chiesto come mai un ragazzo aveva potuto abbandonare la sua vita, il suo paese, la sua famiglia, gli amici, la terra dove era cresciuto per andare a combattere dall’altra parte del mondo, in un territorio sconosciuto, insieme a un popolo diverso, con una storia e una cultura diverse. Alzarsi la mattina e prendere una decisione così estrema e radicale, che cambia per sempre la propria vita.

           E già, perché io, e come me la stragrande maggioranza dei miei coetanei, siamo costantemente impegnati a pensare alla vita quotidiana, alle sfide del giorno, alle tattiche per sorpassare il prossimo, per arrivare sempre primi. Poiché le parole come “prossimo”, “solidarietà”, “aiuto” ormai in questo mondo sempre più meschino ed egoista non appartengono più al nostro odierno vocabolario.

           Da uno straniero come me, che ha viaggiato tanto per vivere nel tuo paese, quel paese che hai lasciato per andare a sacrificare la tua vita per un popolo che non conoscevi, ti giunga la mia riconoscenza: ti sarò sempre grato, partigiano Orso. Per avermi insegnato ad attraversare e rompere le barriere politiche e i muri culturali. Perché alla fine, anche se gli oceani che ci separano sono grandi, grandi come lo spessore dei confini, siamo pur sempre fratelli, tutti sullo stesso pianeta ad affrontare quotidianamente le sfide di questa vita. 

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