Sea Watch: L’editoriale dell’Uomo nero

Le leggi della natura prevalgono sempre su quelle dell’uomo. Salvare chi rischia di morire è un istinto umano che nessuno può impedire o mettere in discussione. Se la scelta è raccogliere un naufrago o lasciarlo annegare, la divaricazione è tra il senso della vita e la volontà omicida, tra restare umani o diventare assassini. Nessuna norma, nessun provvedimento, nessun atto istituzionale o giuridico che sia potranno vietare l’impulso di sopravvivenza.

   Ed è intorno a questo inviolabile principio della nostra civiltà che si è sviluppato (e avviluppato) il caso della Sea Watch: che si è concluso come diversamente non avrebbe potuto. Nella notte tra il 28 e il 29 giugno la nave è attraccata nel porto di Lampedusa e all’alba sono sbarcati i quarantadue migranti, raccolti in mare diciassette giorni prima.

   Non è il primo episodio del genere, non sarà l’ultimo. E ci si chiede fino a quando dovremmo assistere a questa stucchevole manfrina, che si ripete e si ripete, sempre con le stesse caratteristiche e modalità. Ci si chiede inoltre fino a che punto un ministro bieco e aggressivo, oltreché grottesco nella sua maschera crudele, continuerà strombazzando in questa sua offensiva razzista, peraltro vana e francamente odiosa.

   Non si svuota il mare con un secchiello, così come non si ferma l’ondata migratoria con un decreto, due decreti, tre decreti.

   Con i decreti però si possono perseguire i salvataggi e chi li agisce. La comandate della Sea Watch, Carola Rackete, è stata arrestata e rischia multe, condanne e galera. Evidenziando così quell’assurdo giuridico che dovrà decidere se condannare chi per preservare delle vite ha disobbedito a una legge ingiusta.

   E intanto, in attesa di altri naufragi, altri salvataggi, altri approdi negati, sulla sfondo politico resta l’inguardabile comportamento dell’Europa, sia nella sua dimensione collettiva, sia nei suoi singoli governi. Quanto avvilimento di fronte all’ipocrita indifferenza di un continente che si dichiara fulcro della civiltà umana e che per meschine convenienze politiche si mostra riluttante ad affrontare il cambiamento storico generato dalle grandi migrazioni in corso.

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