Io straniera, cittadina delle comunità solidali
Da straniera che vive in Italia scopro quotidianamente parole nuove, che a loro volta ne contengono altre, fino a comporre un concetto, un ragionamento, una questione. Una di queste parole è “occupazione”, dentro la quale ho capito che ce ne sono diverse altre: accoglienza, inclusione, comunità, autogestione, resistenza, ecc.
A Bergamo, dove vivo, ho avuto la fortuna di conoscere alcune di queste occupazioni. Come per esempio la Kascina autogestita popolare “Angelica Cocca Casile”, in via Ponchia 8, nel quartiere di Monterosso. Era un casale abbandonato da tempo, che il Kollettivo autonomo popolare ha fatto rinascere, restaurando gli interni e bonificando il terreno intorno. E dando vita a un meraviglioso progetto sociale e culturale, che ogni giorno offre occasioni d’incontro e aiuti alle persone in difficoltà. C’è il cinema all’aperto, la sala de tè, l’aula studio e gli spazi per iniziative culturali, assemblee, feste.
E il prossimo 29 settembre, per il terzo anno consecutivo, il Kollettivo organizzerà una festa in piazza, insieme al quartiere che ospita la Kascina, per ricordare la notte che un gruppo di fascisti ha danneggiato la cascina allagandola, distruggendo parte dei mobili e pitturando svastiche. La festa si chiama “Non avete fermato il vento #3”, ed è un appuntamento popolare il cui scopo è coltivare e alimentare ogni forma di resistenza contro i fascismi vecchi e nuovi.
“Analizzare la realtà con occhi ricchi di conoscenza della storia per capire dove gli attuali fascismi si rigenerano e quindi capire come contrastarli”, sono le parole con cui il Kollettivo presenta la festa, riprendendole direttamente dalle memorie della partigiana Angelica “Cocca” Casile, la combattente antifascista a cui è stata dedicata la Kascina.
Un’altra esperienza di occupazione è quella della palazzina in via Monte Grigna 11, nel quartiere di Celadina. Dopo anni di abbandono, cinque anni fa, le famiglie del Comitato di lotta per la casa di Bergamo l’hanno occupata, procurando così un tetto a più di cinquanta persone, italiane e immigrate, che vivevano in strada. Persone disagiate che hanno trovato non solo una casa ma una comunità solidale e aperta, in cui tornare a vivere e sperare.
Da un mese però sono senza energia elettrica, perché la polizia ha sequestrato i contatori elettrici. Ma gli occupanti “non si spengono” e si stanno mobilitando per trovare le soluzioni, con l’aiuto e la solidarietà di tanti cittadini e cittadine. Chiedono al sindaco Giorgio Gori di far sì che nella palazzina torni l’elettricità e propongono di realizzare un progetto di auto-recupero dell’immobile. Anche loro, come ogni anno, il 13-14-15 settembre hanno organizzato una grande festa popolare nel quartiere.
Ma per questa occupazione ancora non si trova una “luce” in fondo al tunnel; la soluzione dei problemi degli occupanti, purtroppo, appare ancora lontana. E l’inverno, con il freddo e il buio, s’avvicina.