ISMAIL DRAMMEH: dallo sbarco in Sicilia alle passerelle di Milano

Si chiama Ismail Dramneh, 21 anni, originario del Gambia. Fugge dalla sua terra a soli 15 anni lasciando madre e fratelli in cerca di una speranza. La vita l’ha davvero vissuta nonostante la sua giovane età. Da profugo in fuga, è diventato un modello per Armani. 

Non aveva nulla con sé quando è scappato dal suo paese, se non la voglia di una vita migliore. «Sono scappato che non avevo nulla con me. In Senegal ho lavorato per tre mesi, sempre per guadagnarmi quanto mi serviva in previsione dell’altra tappa del viaggio. In Libia pensavo sarei rimasto di più, ma c’era la guerra e sono finito in carcere tre volte», dice raccontando la sua storia al Corriere della Sera. Per poter raggiungere l’Italia, Ismail, ha attraversato cinque Stati, esclusivamente con l’unico mezzo che aveva a disposizione: l’ausilio delle sue gambe!! Lungo il percorso ha visto la guerra in Libia, ha incontrato gente buona e cattiva, è stato ferito ad una gamba, ma ha tenuto duro, ha portato avanti la sua missione: tenendo sempre presente il suo obiettivo finale: l’ITALIA. Insomma come quei racconti romantici, pieni d’amore a prima vista, sacrifici dopo sacrifici per godersi la vittoria finale. Per due volte ha messo da parte fondi per salire su un barcone, la prima volta ha perso soldi, passaggio e speranza, ma alla seconda ce l’ha fatta. E’ salito su un gommone insieme ad altre 200 persone in cerca di speranza, ha visto la morte davanti ai suoi occhi; adulti e bambini morire come animali in mezzo al mare. Ha bevuto l’acqua di mare per sete e disperazione, ha dovuto subire la fame per una settimana, ma dopo 7 giorni in mezzo al mare è riuscito a raggiungere le coste siciliane.

La storia di Ismail Drammeh, un ragazzo africano, con una pelle scura, ha conquistato i cuori di tutti gli italiani. Il giovane oggi calca le passerelle più alte del mondo della moda ma, fino a qualche tempo fa, era un profugo in cerca di fortuna. Ismail è scappato dal suo paese di origine a causa delle condizioni estreme che è stato costretto a subire, insieme a tanti altri ragazzi. 

Un anno fa si trovava in Sicilia, dove gli propongono di sfilare in passerella: ripercorrendo quell’epoca dice: «Ovviamente non sapevo nemmeno cosa fosse il mondo della moda. Era la cosa più lontana da me. Ricordo bene il giorno che mi ha cambiato la vita: entravo con gli occhi sbarrati negli uffici della «Why Not», l’agenzia che da quel giorno pensa a tutte le mie esigenze e mi procura i contatti per le grandi sfilate. È bello che qualcuno si prenda cura di te». Nel giro di poco tempo Ismail è diventato il testimone di importanti brand nazionali e internazionali di abbigliamento e accessori, ed è già in moto per portare a casa un contratto d’affare con una delle agenzie più prestigiose di Milano.

Nonostante il successo raggiunto, Ismail non dimentica mai le sue origini, tanto da custodire una collana a forma del continente africano che gli ricorda la sua famiglia. Il ricordo di un passato difficile è diventato per Ismail una fonte di pura energia e ispirazione in cui trovare la forza per andare avanti e la giusta determinazione per superare qualsiasi ostacolo. Dopo aver affrontato un duro viaggio e aver perso per molto tempo le tracce della sua famiglia, che lo riteneva ormai morto, finalmente potrà inviare una bella notizia a casa, magari anche un selfie dalla passerella milanese. 

Il giovane che veniva sfruttato nei campi, notando l’assenza scoraggiante di un futuro migliore scappato da quella cruda realtà della povertà delle campagne africane, colui che non ha potuto nemmeno salutare la sua mamma prima di affrontare il viaggio della speranza attraversando il deserto, mettendo in pericolo la sua vita: oggi è un uomo ricco di progetti e ambizioni. Sogna di arrivare alle grandi passerelle di New York e Parigi, allo stesso tempo portando su la bandiera del suo paese: il tricolore italiano.

Per i razzisti di casa nostra, che lo ritengono inferiore per la sua evidente appartenenza razziale  ha un bel messaggio frutto di una riflessione manzoniana: “la bellezza (anche quella nera ndr) vince su tutto, anche sul razzismo” invece per il popolo che lo ha accolto un messaggio di speranza e ottimismo “Non avevo nulla con me quando sono scappato dal mio paese d’origine, ora faccio il modello. Non smettete mai di sognare” 

Ricorrendo e leggendo la storia di Ibrahim, mi viene di colpo la voglia di ringraziare quegli angeli custodi: gli ufficiali della Marina militare, che nonostante l’atmosfera politica e l’opinione politica spesso negativa in merito alla materia, in situazione critiche lavorano giorno e notte per salvare vite umane. Vite come quella di Ibrahim che ci riempiono di gioia e ci fanno riflettere, in questa vita caotica, su come siamo alla fine collegati con un filo invisibile di fratellanza e umanità. Pur di scappare da quell’inferno, Ismail è stato disposto a pagare mille euro per garantirsi un piccolo spazio in un gommone di profughi, ma senza il lavoro essenziale di salvaguardare le vite nel Mediterraneo, spesso effettuato anche dalle ONG e i corpi di guardia statali , la storia di Ismail sarebbe finita insieme ai ventimila dispersi dall’inizio del 2013. 

Con la cicatrice alla gamba, dovuta a una coltellata subita durante una rapina in Libia, per ora Ismail pensa di continuare a fare il modello, e dice anche di volersi rimettere sullo studio. La sua storia coglie l’occasione per ricordarci a  noi che siamo dall’altra parte del Mediterraneo, di salvaguardare la civiltà nata dal riconoscimento della dignità umana, oggi in stato di fragilità, da attacchi forti di una destra estrema populista e di una sinistra dormente e spesso anche complice.

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