Martedì 31 marzo, l’Associazione Musulmani di Bergamo ha trasmesso una diretta sulla sua rete social dal Cimitero Islamico di Colognola-Bergamo, dove si vedeva l’Imam Mohamed Kamel pregare per quattro salme, quattro persone della loro comunità vittime del coronavirus. Ci sono le immagini di alcuni uomini che sistemano le bare sul prato, una, vicino all’altra, per poi coprirle con lenzuoli su cui sono impresse preghiere scritte in arabo.
Chi riposa nell’unica bara bianca è Abderrahim Rafiq: “Bianca, con sopra un telo verde, il verde simbolo dell’Islam, il verde che è il colore preferito del nostro Profeta”, sono le parole di sua figlia Bouchra. Bouchra prosegue con una voce piena d’amore e devozione per suo padre: “Davanti a questa bara, con i miei fratelli, tutti insieme in un momento così sofferto, davanti a un dolore straziante e inaspettato”. Lei, insieme alla sorella e alla zia, assistono al rito dal cancello del cimitero: le donne musulmane normalmente non possono assistere alle sepolture, ma loro tre hanno insistito per esserci e seguono con trasporto ogni momento del breve funerale.
Aldo, com’era chiamato dagli amici italiani, aveva solo 56 anni, era un uomo di origine marocchina, nobile, cortese, altruista e rispettoso di tutti: molto attivo nell’Associazione musulmana. In molti ricordano, lo scorso anno, il suo allestimento dell’Iftar (l’Iftar è una celebrazione culinaria e di preghiera con cui la comunità islamica celebra la fine del Ramadàn). Aldo e sua figlia Bouchra avevano organizzato una coreografia di prelibatezze, con minuziosa cura dei dettagli, piena di affetto per gli ospiti.
Aldo Rafiq è arrivato in Italia nel 1994. Lavoratore instancabile, ha svolto diversi tipi di attività: venditore ambulante, elettricista, lavapiatti, operaio. Un uomo versatile e umile, che con immensi sacrifici è riuscito nel 2002 a farsi raggiungere dalla sua famiglia. Dopo altri due anni, insieme ai suoi figli allora minorenni, ottiene la cittadinanza italiana, e non nasconde l’orgoglio di sapere che la sua famiglia poteva restare tranquilla perché adesso la Costituzione italiana era la loro e diceva che potevano godere degli stessi dritti e doveri come tutti gli altri. Era un uomo di fede, faceva del bene a chiunque e ovunque, un uomo d’onore, come in molti lo definivano, benvoluto dall’intera comunità di Nembro. Ha lottato per un mese con tutte le sue forze contro il Covid-19, ma, come racconta sua figlia, “Allah lo ha voluto e desiderato più di noi”. “Aveva paura del virus – continua Bouchra – ma non per se stesso, bensì per noi. Quando aveva cominciato ad accusare i primi malesseri avevamo parlato a lungo e la cosa che più lo preoccupava era la sua famiglia. Qualche giorno prima del decesso, aveva aperto gli occhi praticamente solo per sentirsi dire dal dottore che i suoi figli e sua moglie stavano bene e che lo aspettavano a braccia aperte. È come se avesse voluto accertarsi della nostra salute prima di morire”.
Il signor Aldo Rafiq ha lasciato un vuoto in paese. Così come, nel giro di qualche settimana, le tante persone che il coronavirus si è portato via, italiani e stranieri. Anche se questa straziante ed equanime contabilità non è ancora abbastanza, poiché continuano ad avvelenare il clima sociale quei razzisti che si chiedono sui social se sia “possibile che nessuno di loro si ammali”. Un misto di squallido preconcetto e profonda ignoranza, a cui ha implicitamente risposto il virologo Giulio Tarro, sostenendo che “il coronavirus è per cosi dire democratico, e non fa distinzioni né di sesso, né di censo, né di etnia”.
A differenza degli uomini questo virus non ha pregiudizi, questo virus può attaccare tutti gli esseri umani: spero che gli stolti riescano un giorno a capire il vero senso di essere-umani.