La mossa del Portogallo per gli immigrati

Il coronavirus si diffonde molto velocemente e tutti gli stati del mondo stanno prendendo misure severe per bloccare o rallentare quanto più possibile i contagi. Noi individualmente facciamo la nostra parte e gli stati devono pensare anche a misure per occuparsi di chiunque in questo momento si trovi all’interno del suo territorio, che sia esso un cittadino o meno.

La garanzia dei diritti degli stranieri in attesa di permesso di soggiorno e dei richiedenti asilo è importante sia per permettere loro di poter accedere ai servizi pubblici e sanitari, sia per gli stati stessi per poter gestire meglio questa crisi.

Ad esempio, in Portogallo attualmente si contano 11mila casi confermati di coronavirus. Contrariamente a quanto avviene in Italia, grande parte di questi casi riguardano persone al di sotto dei 60 anni e di sesso femminile. Il 18 marzo è stato dichiarato lo stato d’emergenza per due settimane e il 2 aprile, il Parlamento ha rinnovato lo stato d’emergenza fino al 17 aprile. In questo paese, le associazioni che lavorano nel campo dell’immigrazione si sono preoccupate per le condizioni delle persone che non hanno la cittadinanza e sono riuscite a spingere il governo di Antonio Costa a prendere delle decisioni in merito. È stata approvata, infatti, la regolarizzazione degli immigrati che avevano già fatto la richiesta per il permesso di soggiorno in modo tale da garantire loro l’accesso ai servizi pubblici e sanitari almeno fino alla scadenza individuata del primo luglio.



Una misura questa assolutamente importante e giusta nell’ottica di misurare e tenere sotto controllo il contagio all’interno del territorio, ma lo stesso non viene però fatto da tutti i paesi interessati da questa crisi. Problemi di questo tipo si manifestano per esempio negli Stati Uniti dove i giornali spesso riportano notizie su immigrati che esitano a chiedere un’assistenza medica per non essere svantaggiati nell’ottenere lo status di residente permanente. In America, l’autoisolamento e/o l’accesso all’assistenza medica è difficile per i migranti in questo tempo di coronavirus perché hanno necessità di continuare a guadagnare e continuare a lavorare anche per motivi burocratici. La politica di immigrazione dell’amministrazione Trump infatti, sfavorisce tutte quelle persone che possono avere bisogno di assistenza sia medica che sociale favorendo invece quelle più qualificate ed autosufficienti. Ovviamente questo potrebbe spingere i più deboli a non curarsi adeguatamente e rischiare di diffondere il contagio anche ai propri famigliari e agli altri.

Questo è un esempio concreto di come, per contrastare la diffusione di questo virus, non sia sufficiente solo lavarsi le mani spesso e mantenere un’adeguata distanza sociale. I nostri accorgimenti non bastano a proteggere completamente i singoli individui né per sostenere la totale sicurezza collettiva. Sarebbe fondamentale per tutti avere una casa propria in cui potersi isolare per avere un contenimento veramente efficace ma avere uno stato che facilita ed aiuta tutti ad accedere ai servizi sanitari diventa sicuramente significativo per la battaglia che stiamo combattendo.

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