Il migrante strumentalizzato

L’essere umano migrante è lo strumento preferito per fare propaganda politica, da parte di tutte le fazioni politiche!

A favore o contro, il politicante di turno adotta la linea che più gli conviene cavalcare per prendere consensi.

Quindi che succede: dalla narrazione del migrante rubalavoro e parassita si passa alla velocità della luce a raccontare come sia indispensabile e necessario il lavoro dei migranti per portare il cibo sulle nostre tavole.

Ora che i migranti stagionali della filiera agroalimentare sono impossibilitati ad arrivare in Italia, i sindacati gridano al pericolo spreco cibo sui campo perché non c’è chi raccoglie i prodotti. 

Prima però dove erano i sindacati? Dove erano le autorità? Perché non erano a Foggia, a Gioia Tauro, a San Ferdinando, nella pianura Pontina o ovunque ce ne fosse bisogno, a garantire condizioni di lavoro e di vita degne di un essere umano? 

Perché questi poveri lavoratori non hanno la possibilità di vedersi riconosciuti diritti, tutele e dignità sociale?

E dove sono adesso che vengono costretti a ritmi di lavoro disumani per sopperire alla mancanza di manodopera, come fossero schiavi, ad aumentare la loro produzione. 

Obbligati a lavorare senza dispositivi di protezione individuale e continuati a tenere in baraccopoli fuorilegge senza le minimali condizioni igieniche già in situazioni normali, figurarsi in questo momento di emergenza sanitaria. 

Stipati in questi luoghi in cui spesso avvengono incendi e perdono persino la vita, e tutto rimane nel silenzio delle autorità e nell’indifferenza sociale e, spessissimo, anche con la difficoltà di mettere cibo sulla loro tavola a fine giornata.

Come tutti i lavoratori che stanno permettendo il sostentamento del paese in questo momento, anche loro sono degli eroi invisibili, da sempre vittime di condanna sociale e strumentalizzati politicamente da una parte e dall’altra, tra chi li addita come nemici, chi invece li mette in mostra come trofei e chi invece li ignora pur dovendo in teoria tutelarne i diritti.

Eppure quel che sarebbe necessario è solo il riconoscimento sociale: lavoratori come tutti gli altri.

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