Covid e Favelas: la situazione in Brasile

Le principali misure preventive raccomandate dall’OMS per contenere la pandemia di coronavirus non sono un’opzione per molti residenti di comunità e periferie nelle città del Brasile. È nelle favelas che si concentra il maggior numero di decessi attribuiti al virus. 

Nella maggior parte delle famiglie di questi luoghi, l’approvvigionamento idrico è scarso. Non ci sono condizioni economiche che permettano di acquistare prodotti che garantiscano la disinfezione delle mani. Anche il distanziamento sociale nella favela è praticamente impossibile dal punto di vista abitativo, visto chetante case hanno soltanto una stanza, sono spesso prive di ventilazione, e non possiedono servizi igienico-sanitari di base. Questo spazio è generalmente condiviso da molte persone e gli anziani vivono con giovani, adulti e bambini. Molti di questi gruppi vivono in aree con condizioni ambientali ancora più degradate perché non sono in grado di acquisire terreni o case in luoghi adeguati e, di conseguenza, sono i più colpiti da una serie di altre malattie, come dengue, zika, chikungunya, tubercolosi, leptospirosi ed altre ancora.

Il sistema sanitario pubblico brasiliano, che già era insuficiente prima della pandemia, adesso è sull’orlo del collasso. Mancano ospedali, test, kit di igiene e campagne di prevenzione. I 600 reais del reddito diemergenza di base (circa 100 euro) promessi dal governo sono in ritardo. Nel frattempo, la contaminazione sta aumentando, specialmente nelle aree più popolate. Migliaia di persone potrebbero morire nelle prossime settimane. 

La popolazione delle periferie sopravvive principalmente grazie all’inserimento nel settore dei servizi, lavorando in forma precaria e informale. Con la chiusura soprattutto del terzo settore, le misure per contenere l’epidemia hanno avuto un impatto brutale sulla loro condizione di sussistenza. 

Da un punto di vista economico, pochi residenti, infatti, possono aderire all’isolamento. Le persone a basso reddito e i lavoratori informali sono maggiormente colpiti dagli effetti economici della pandemia. Nonostante le difficoltà, molti abitanti delle periferie credono che la quarantena sia la migliore alternativa per combattere la pandemia nel paese. Secondo una ricerca dell’agenzia pubblicitaria Responsa – specializzata in azioni di marketing per le comunità delle favelas – il 96% degli abitanti crede nell’efficacia dell’isolamento sociale per contenere la contaminazione.

Eduardo Lima, fondatore dell’Istituto Gerando Falcões a São Paulo, ricorda che i poveri di solito mandano i loro figli a scuola, anche perché sanno che lì avranno accesso ad almeno un pasto gratuito al giorno oltre all’educazione. Con le scuole chiuse, oltre all’impossibilità di seguire le attività educative online a causa della mancanza di connessione Internet e dispositivi elettronici, avere una famiglia a casa significa un sovraccarico economico che è molto difficile da sostenere. I pasti scolastici sono il pasto principale della giornata per molti bambini. Con la quarantena, sono senza lezioni, ma soprattutto, rimangono senza questo pasto quotidiano.

Con la pandemia di coronavirus e i suoi effetti economici, il Brasile si sta dirigendo verso la “Mappa della fame”, afferma l’economista Daniel Balaban, capo dell’ufficio brasiliano del Programma Alimentare Mondiale (World Food Program – WFP), la più grande agenzia umanitaria delle Nazioni Unite. L’economista aggiunge che 5,4 milioni di brasiliani rischiano di passare alla povertà estrema entro la fine del 2020.

La pandemia, quindi, ha reso ancora più visibile l’aspetto più crudele del vivere nelle città ineguali: coloro che hanno patito i peggiori effetti del Covid-19 sono anche coloro i cui diritti fondamentali vengono negati. Possiamo citare, ad esempio, la direttiva sull’uso del trasporto pubblico a Rio de Janeiro, dove, nell’ambito del diritto al trasporto, è diventato necessario dimostrare un rapporto di lavoro formale per salire su treni e autobus interurbani. “Si è verificata una sovrapposizione di violazione dei diritti, quando le porte delle stazioni ferroviarie e degli autobus sono diventate affollate e si sono formate lunghe file, esponendo ulteriormente i lavoratori al rischio di contagio”, come racconta un abitante della favela da Rocinha. 

L’autogestione delle comunità e le reti di solidarietà cercano di mitigare gli effetti della catastrofe, poiché ritengono che la pandemia rischia di contribuire allo sterminio della popolazione nera e povera delle periferie. Con poche azioni del governo per le popolazioni vulnerabili, gli stessi residenti si sono mobilitati e hanno creato alternative per affrontare la proliferazione del Covid-19. Queste azioni si basano sulla raccolta e la condivisione di informazioni su prevenzione e sintomi; sulla raccolta di donazioni per l’acquisto di alimenti e materiali per la pulizia; su misure educative; sull’importanza del razionamento dell’acqua; e sul monitoraggio delle persone considerate a rischio.

Le azioni si svolgono in diverse aree urbane e periurbane, come nel Complexo da Maré a Rio de Janeiro, dove i residenti usano la radio locale per diffondere informazioni sulla prevenzione, dove anche il funk è diventato uno strumento di sensibilizzazione. Gli abitanti stanno anche registrando video per una campagna di informazione della comunità sul Covid-19. È stato inoltre creato un canale WhatsApp per rispondere alle domande.

Atti di solidarietà e coraggio di coloro che hanno poche risorse dimostrano che la favela si sforza di superare questa nuova sfida, anche se sembra un luogo praticamente dimenticato dal potere pubblico, ma quante vite andranno perse? In un paese che non sa ancora cosa sia la meritocrazia, quanti ostacoli devono superare i suoi abitanti per ottenere il diritto ad una vita minimamente dignitosa?

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