Massacro in Libia: migranti uccisi dalla famiglia di un trafficante per vendetta

Un’altra tragedia si è consumata in Libia dopo che alcuni componenti della famiglia di un trafficante di esseri umani hanno aperto il fuoco su dei migranti uccidendone 30 e ferendone altri 11 per vendetta. È successo mercoledì 27 Maggio nella città di Mezdah, al sud della capitale libica. L’Organizzazione Mondiale per le Migrazioni (O.I.M.) ha denunciato l’accaduto definendolo un “crimine insensato”.
Il Ministero dell’Interno libico del governo dell’unione nazionale, con sede a Tripoli, ha annunciato la morte di 30 migranti in un regolamento di conti con dei Trafficanti.

Secondo un comunicato delle autorità, un trafficante di 30 anni è stato ucciso dai “migranti clandestini” per delle ragioni ancora sconosciute. Per vendicarlo, i membri della sua famiglia hanno abbattuto, mercoledì scorso, alcune persone originarie del Bangladesh e 4 africani che erano detenuti in una prigione a Mezda al sud ovest di Tripoli, precisa l’O.I.M. in un comunicato.

Altri 11 migranti, la cui nazionalità non è ancora chiara, sono rimasti feriti durante la sparatoria e portati all’ospedale.

“ Questo crimine insensato è purtroppo uno dei tanti ricordi degli orrori che i migranti vivono nelle mani dei trafficanti in Libia”, ha dichiarato il capo della missione dell’OIM in Libia, Federico Soda. “Questi gruppi criminali si approfittano dell’instabilità e della situazione di sicurezza per attaccarsi a persone disperate e sfruttano la loro vulnerabilità”, continua nella sua dichiarazione Federico Soda.

Quasi 4000 migranti sono stati riportati in Libia; l’OIM ha chiesto alle autorità Libiche di aprire immediatamente un indagine. Il ministero dell’interno ha promesso di indagare sui responsabili del massacro e di processarli.

L’agenzia dell’ONU lancia nuovamente un’allerta sulle condizioni di vita dei migranti in Libia che “si stanno deteriorando velocemente” a causa dei combattimenti a Tripoli e nelle zone limitrofe.

Invece, dall’inizio dell’anno, quasi in 4000 sono stati intercettati nel mare e riportati nel paese d’origine, ricorda sempre l’OIM.

“Se le accuse contro gli intermediari e trafficanti devono rimanere una priorità, è anche urgente mettere in atto un sistema alternativo per lo sbarco in sicurezza che permetta alle persone che fuggono dai conflitti e dalle violenze, di avere un porto sicuro dove sbarcare e di vedersi garantiti bisogni e protezione” conclude l’organizzazione.

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