Zorha, la bambina sfruttata in cambio di istruzione

Pakistan 31 di maggio; Zorha Shah viene portata dal signor Hassaan Siddiqui, all’ospedale di Rawalpindi, il suo piccolo corpo di 8 anni presentava segni di tortura e lasciava sospettare anche un possibile abuso sessuale. Zohra è morta lo stesso giorno a causa delle ferite riportate a causa di Siddiqui e sua moglie, aguzzini della minore. Zorha era stata ingaggiata dalla coppia a Kot Addu, un piccolo villaggio nella provincia del Punjab. L’accordo con i genitori della piccola era basato sul lavoro della bambina che si sarebbe presa cura del loro bambino più piccolo, ed in cambio la sua “paga” sarebbe stata quella di andare a scuola. Per una famiglia come quella di Zohra, schiacciata dalla povertà, questa promessa sembrava una luce nel buio, voleva dire che al la piccola sarebbe stata sfamata, avrebbe avuto un tetto sulla testa e soprattutto la possibilità di andare a scuola, una vera promessa di futuro. Ma questo non è successo perché viveva nella schiavitù, senza accesso all’istruzione . Secondo la ricostruzione della polizia, Zorha ha lasciato scappare dalla gabbia dei pappagalli tenuti in casa come mascotte della coppia di benestanti. Il suo gesto potrebbe essere non voluto o allo stesso tempo fatto consapevolmente, con un significato riconducibile alla libertà che almeno loro avrebbero potuto avere in seguito al loro rilascio. Questo no si saprà mai, ma quello che sappiamo è che i suoi sfruttatori furiosi l’hanno picchiata selvaggiamente per questo motivo.
Lo sfruttamento di minori per lavorare è un fenomeno globale che si trova primariamente nelle zone più impoverite del mondo o in paesi sviluppati ma in quel caso coinvolge soprattutto bambini stranieri; alle radici di ciò troviamo la disuguaglianza sociale e la mancanza di accesso a l’ istruzione. In questo caso la cultura pakistana è basata sulla rigidezza delle classi sociali e la cultura patriarcale che normalizza lo sfruttamento dei minori nel lavoro domestico, teoricamente il lavoro minorile è illegale sotto i 15 anni, ma comunque è una pratica comune e diffusa, persino i genitori preferiscono inviare i bambini a lavorare nelle case degli estranei perché le alternative sono altrettanto pessime, come essere reclutati per il crimine organizzato, chiedere elemosina per la strada o cadere nell’uso di droga, o altre volte vengono “affittati” per pagare i debiti dei genitori; così pur di evitare quel fine lasciano i figli in preda di abusi e maltrattamenti dove lo sfruttamento del lavoro domestico colpisce prevalentemente le bambine, il rischio di subire violenza, abusi sessuali ed il rischio di essere vittime di femminicidio è molto elevato. Si può fare solo una stima su quanti bambini sono sottomessi in questo ambito, ma sempre inesatto perché restano isolati, sono quasi invisibili per la società perché rimangono intrappolate dentro dei muri domestici , e spesso allontanati dalle loro famiglie; le conseguenze psicologiche dello sfruttamento sono importanti, sono prive della libertà, di giocare, di essere bambini e vittime di maltrattamenti e violenza che tante volte può portare alla morte, come nel caso Zohra.
Nel 2013 Giacomo Guerrera, Presidente dell’UNICEF Italia affermava “Il lavoro minorile è sia causa che conseguenza della povertà e del disagio sociale… bisogna intervenire per spezzare il circolo vizioso povertà-lavoro minorile-ignoranza-povertà” . A 7 anni da queste dichiarazioni sembra ancora lontano il porre fine a tutte le forme di lavoro forzato minorile entro il 2025, obiettivo che L’Agenda 2030 dell’ONU per lo sviluppo sostenibile si è proposto. Secondo l’ UNICEF, per poter abbattere lo sfruttamento dei minori serve scoprire la natura delle sue causali (strutturali, immediate o indirette);in questo modo i governi riusciranno a prendersi la loro fetta di responsabilità. Bisogna incidere un cambiamento reale delle usanze nella società, facendo risaltare l’importanza dei diritti dell’infanzia, progettando una scuola gratuita, obbligatoria e accessibile, implementando programmi di prevenzione a lo sfruttamento del lavoro minorile, il riscatto dei minori sfruttati e la sua riabilitazione.
Nel 2018 secondo la Walk Free Foundation, c’erano circa 10 milioni di bambini lavoratori in Pakistan, lo stesso anno ci sono state delle proteste sui social in supporto a Tayyaba una bambina di 10 anni vittima di violente percosse che lavorava per un giudice, lui e la sua moglie furono assolti per percosse ma condannati a un anno di carcere per non aver prestato i soccorsi. A gennaio 2019, Uzma Bibi, 16enne, torturata e assassinata dal suo padrone, accusata di mangiare un pezzo di carne che non le apparteneva, l’hastag #justiceforUzma su twitter è diventato virale e 3 persone furono catturate, incluso il padrone. Fazela Gulrez, attivista per i diritti della infanzia ,afferma che il supporto appariscente nei social in Pakistan non si traduce in risultati positivi ammette. A scopo simbolico l’Organizzazione Internazionale del Lavoro ha istituito il 12 giugno come la Giornata mondiale contro il lavoro minorile data di ritrovo annuale dei governi, organizzazioni di imprenditori e lavoratori, la società civile e milioni di persone in tutto il mondo si riuniscono per dialogare e intraprendere azioni aspettando che le idee che emergono dall’incontro passeranno ad essere esecutive per eliminare questa pratica che tocca 152 milioni di bambini nel mondo.
I “padroni” che hanno ucciso Zorha sono in custodia aspettando che si faccia giustizia; nel frattempo il capo della polizia cittadina, Muhammad Ahsan Younus dichiara che “Violenza e tortura fisica verso i bambini non sarà tollerata, tutti coloro che saranno coinvolti in tali incidenti saranno affrontati” e anche il ministro per i Diritti Umani pakistani Shireen Mazari, ha manifestato per l’agenzia Reuters, che cercherà giustizia per Zohra. La famiglia della bambina che non ha i mezzi per fare rientrare la sua salma né incaricarsi del funerale sarà supportata del governo pakistano nelle spesse mortuarie.

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