La Spezia: i nuovi schiavi allestiscono yacht di lusso a 4 euro l’ora

Sette le persone finite in carcere e uno ai domiciliari, il caporalato continua a bussare alle nostre porte ma non fa così rumore da scuotere le coscienze prive di umanità. La Spezia si presenta come testimone vivente dell’eredità marinara della città: tra gli aperitivi al tramonto e il profumo di brezza marina, dietro ciò che viene definito- lavoro- in Italia, si cela l’inadeguatezza di un sistema malato che è il vero cancro del paese, il caporalato. 

Le fiamme gialle hanno confermato le gravi condizioni di sfruttamento cui erano assoggettati gli operai, in maggioranza bengalesi venivano sottoposti a turni massacranti di 14/15 ore lavorative senza sosta, tra le minacce e le percosse i lavoratori non avevano via di scampo poiché spesso si può perdere anche la dignità, quando sei ultimo e hai una famiglia alle spalle, cerchi solo di sopravvivere grazie alla resilienza. Molti di loro all’esito positivo del tampone non percepivano alcun tipo di paga, mensilmente una volta eseguiti i bonifici i caporali pretendevano la restituzione di una parte in contanti. Una città di eccellenza con turismo di qualità, contornata dall’invisibilità di diritti. 

Il 16 Ottobre a Roma è stato presentato il V Rapporto agromafie e caporalato della FLAI CGIL, lo sfruttamento nel 2017 ammontava a circa 150.000 lavoratori e nel biennio successivo la stima al ribasso arrivava ad almeno 180.000 persone. Le località caratterizzate da “caporalato conclamato” sono 129 al Nord, 123 al Sud, 82 al Centro e 71 nelle isole.

 I lavoratori più vulnerabili restano i migranti, soggetti al ricatto del permesso di soggiorno legato al contratto di lavoro e resi ancor più vulnerabili dalla stretta dei Decreti Salvini. Tra gli stranieri un posto di rilievo viene occupato dalla componente femminile, maggiormente ricattabile per la presenza di figli o genitori a carico. I lavoratori vengono reclutati dai caporali ingaggiati dagli imprenditori, le imprese più grandi stabiliscono il “salario di piazza” creando così concorrenza sleale e illegalità diffusa. 

Nel 2020 ci si ammala di lavoro, a subirne saranno sempre gli ultimi condannati alla perfidia umana. 

Menu