María Lugones: il femminismo di resistenza decoloniale

María Lugones: il  femminismo di resistenza decoloniale

María Lugones è morta il 14 luglio. La filosofa argentina e attivista femminista è andata via, a 76 anni, a causa di un arresto cardiaco. Era professore di letteratura comparata e studi sulle donne alla Binghamton University di New York. Lugones ha teorizzato sulle varie forme di resistenza a diverse forme di oppressione, principalmente quelle legate all’intersezione tra le categorie di razza, genere e colonialità in America Latina.

Con la colonizzazione, c’era il progetto che organizzava, nello spazio e nel tempo, tutte le culture, popoli e territori del pianeta, presente e passato in una grande narrazione universale. In questa narrazione, l’Europa è sempre stata posta come centro del mondo. Le strutture coloniali in questo senso furono mantenute con il potere militare, contemporaneamente anche attraverso altre operazioni che avevano la funzione di formare mentalità coloniali di inferiorità, sottomissione, subordinazione. 

Secondo Lugones, prima dell’arrivo dei colonizzatori nelle Americhe, c’erano posizioni di genere diverse da quelle gerarchiche e dicotomiche inventate dai colonizzatori, che hanno imposto generi binari in cui gli uomini assumono tuttora il modello patriarcale, distruggendo le strutture tribali americane che sperimentarono altri modelli di organizzazione, come quelli matriarcali. Tuttavia Lugones denuncia che non dobbiamo combattere più la colonizzazione, ma la colonialità di genere che persiste ancora.

Per comprendere l’importanza di Lugones per gli studi postcoloniali, è necessario capire che la colonialità latinoamericana esiste in tre basi principali: del potere, della conoscenza o del sapere e dell’essere. Da quest’ultima categoria “colonialità dell’essere”, Maria Lugones inizia a riflettere sulla razza e sul genere elaborando quella che lei chiama “colonialità di genere”.

Il concetto di colonialità del potere è stato sviluppato dal peruviano Aníbal Quijano e può essere intesa come il dominio politico, territoriale e del controllo delle “materie prime”.  La colonialità della conoscenza o del “sapere”, a sua volta, è collegata alla questione epistemologica, che è la produzione di conoscenza elaborata dalle scienze, tra cui anche le scienze sociali. È l’appropriazione o l’occultamento culturale di una data cultura per l’imposizione della “conoscenza universale”, in questo caso la conoscenza occidentale che allo stesso tempo inferisce tutto ciò che proviene da conoscenza, filosofie e pensieri non europei.

La colonialità dell’essere è stata formulata dall’argentino Walter Mignolo e riguarda l’esperienza vissuta all’interno della colonizzazione. Spiega il processo di disumanizzazione al fine di dimostrare come (nella prospettiva eurocentrica) il colonialismo influisca non solo sull’immaginario, ma sulla stessa esperienza quotidiana. Pertanto, attraverso la colonialità dell’essere, i colonizzatori determinano che i nativi (non europei) non sono umani, sono irrazionali, indolenti, violenti, bruti, senza capacità cognitive, senza maniere, senza scienza e cultura, incapaci di controllare la propria sessualità.

Per Maria Lugones, quando il moderno sistema coloniale usa strategie e pratiche discorsive per colonizzare i nativi (soprattutto donne) sta ricorrendo a una dimensione di genere. In questo senso, il moderno concetto di colonialità è usato per spiegare il controllo di condotta, determinando le regole di come si devono comportare uomini e donne appartenenti all’America Latina. Inoltre,  l’Eurocentrismo attraversa il colonialismo poiché determina uno schema, cioè l’uomo occidentale è superiore all’uomo non occidentale, ma anche una dimensione razziale, in quanto le donne non bianche, quelle native, sono invisibili in questo sistema.

Per contrastare la colonialità di genere, Lugones suggerisce un femminismo di resistenza per sfidare le forme di dominio, in modo che le costruzioni epistemologiche siano rese possibili là dove le donne che sperimentano oppressioni multiple possono avere altre opportunità: un femminismo che propone di affrontare il fatto che gli altri sono i produttori di conoscenza su di noi: latini americani. 

La ricercatrice argentina propone anche una metodologia di decolonizzazione in cui viene prodotta una pedagogia decoloniale che concepisce il genere come relazionale e razzializzato. In suma, per lei, dobbiamo decolonizzare la conoscenza ed essere veramente soggetti che si riconoscono da un sguardo allo specchio e non più referenziato in Europa, solo così ogni donna latinoamericana fare spazio a un femminismo decoloniale.

In un mondo in cui l’immagine (e l’immagine di sé) della donna latinoamericana sono sempre più mercificate in base alle aspettative occidentali, il pensiero di Lugones mancherà sicuramente.

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