Da giorni la capitale albanese è diventata teatro di scontri e proteste che ormai non comprendono solo Tirana ma anche le maggiori città del paese. Il motivo è l’uccisione di un ragazzo di 25 anni di nome Klodian Rasha che ha perso la vita la notte dell’8 Dicembre vicino casa sua per non essersi fermato all’alt di un poliziotto che gli ha sparato. In Albania, come in molti altri paesi europei, è in vigore il coprifuoco notturno come misura anti-Covid. L’agente che ha aperto il fuoco, sospeso in attesa della conclusione delle indagini, ha affermato di averlo fatto perché credeva che il giovane fosse armato. Ma la sorella del giovane ha dichiarato a Euronews Albania che Klodian non aveva armi con sé ed era uscito per comprare le sigarette.
Anche il fratello di Klodian Rasha racconta che il ragazzo si trovava a pochi metri da casa, queste le sue parole <<Non sappiamo esattamente quello che è successo. Quel che so è che il poliziotto ha aperto il fuoco contro una persona disarmata. Hanno raccontato che Klodian era armato, è una falsità. Hanno raccontato che è morto mentre veniva trasportato in ospedale, è una falsità. Mio fratello è morto sul colpo, freddato da due colpi di pistola esplosi dalla polizia. Non cerco nient’altro che giustizia». Sono giorni che polizia e governo si coprono le spalle, l’impressione dell’opinione pubblica è che le autorità e i media filogovernativi abbiano costruito una campagna per coprire i responsabili e screditare la vittima.
Sulla scia delle forti proteste suscitate dalla morte di Rasha, il ministro dell’Interno albanese, Sander Lleshaj, ha deciso di dimettersi, rimettendo il mandato nelle mani del primo ministro, Edi Rama. Ci troviamo di fronte all’ennesimo George Floyd ma in una terra molto vicina e amica all’Italia eppure la copertura mediatica che meriterebbe non sembra avere voce in capitolo, per questo molti giovani albanesi a Roma come in molte città d’Europa hanno organizzato dei cortei pacifici e nel rispetto delle norme, per raccontare quello che sta succedendo nella capitale d’Albania.
Sono giornate intense quelle che migliaia di albanesi stanno vivendo, tra la paura di farsi sentire e il coraggio di affrontare le istituzioni c’è stato un richiamo generale per accendere la luce sulla giustizia, non spegnerla e buttare i crimini come polvere, sotto il tappeto. Queste proteste potrebbero diventare il fulcro di un’azione volta a fronteggiare i problemi gravissimi che già adesso stanno erodendo le basi dell’ordine sociale. Stanchi non solo della morte ingiusta di Klodian ma di uno Stato invisibile, migliaia di manifestanti che lavorano in condizioni miserande a causa di una follia socioeconomica che dura da decenni, è un omaggio alle risorse dello spirito umano. Praticare disobbedienza civile in alcuni periodi anche in maniera intensa, potrebbe risultare una buona tattica, la giornalista albanese Sonila Meco, padrona di casa di Ora News ha analizzato menzionando il famoso storico e professore dell’Università della Pennsylvania, Daniel Q. Gillion esperto in diritti civili e autore di uno degli studi più profondi sul ruolo delle proteste: ′′ Minoranza rumorosa: perché le proteste contano nella democrazia americana “.
Sulla violenza durante le proteste di quest’anno negli Stati Uniti dice:” La verità è che concentrandosi sulle proteste da decenni, siamo giunti alla conclusione che le proteste violente hanno un impatto positivo sui cambiamenti civili e politici. Le proteste non violente portano consapevolezza su una questione, le violente producono urgenza nel risolvere un caso. Attirano l’attenzione e invitano gli internazionali a capire cosa sta succedendo. Non sto sostenendo proteste violente né sto invitando i singoli a comportamenti illeciti, ma è illogico, ingiusto e cinico dire che le proteste violente non portano cambiamenti positivi nella politica. Questo non è vero ′′.
Ricordiamo in questa occasione il venditore tunisino di frutta Mohamed Bouazizi che si è dato fuoco come reazione alle minacce corrotte della polizia. Il suo atto è stato trasmesso in tutto il mondo diventando l’enzima di massicce proteste violente che hanno portato alla primavera araba.