L’ennesimo naufragio si è consumato a largo di Zuara, in Libia. Donne e uomini, alla ricerca di un riscatto sociale e di un luogo di tutela e dignità, si infrangono contro un muro d’indifferenza.
Al momento si contano oltre 40 dispersi che vanno a sommarsi al tragico numero di perdite tra donne e uomini nel cimitero più grande del mondo: il Mar Mediterraneo. Sono stati prima vittime di scafisti, di un sogno di libertà per poi divenire ostaggi dell’imperturbabile indifferenza delle nostre istituzioni, le quali, nonostante le dimostranze continuano ad affidare alle autorità libiche l’articolata gestione del flusso migratorio. È attualità politica che ieri presso il Senato l’unico accenno alla Libia è stato fatto per rivendicare un suo presunto indebolimento di influenza, tutto a vantaggio della Turchia, Paese a cui l’Europa ha appaltato la gestione del flusso migratorio proveniente dall’est asiatico a colpi di milioni di euro, ma non una sola parola è stata profusa a condanna delle condizioni dei presunti rifugiati detenuti nei lager libici. Milioni di uomini e donne orfani della legge, della giustizia e dell’umanità rappresentano dei sacrifici umani collaterali a cui è stato, arbitrariamente tolta la sacralità della vita, in nome di interessi superiori, di giochi geopolitici e interessi economici. Mi chiedo cosa ne faremmo dell’influenza in Libia se siamo in grado di permettere tutto questo.
Di fronte a questa ennesima ed immonda tragedia la carta dei diritti fondamentali dell’unione europea viene depauperata, così come i principi sui cui fondano le nostre istituzioni. Ci sono tutti gli elementi di legge e di complicità per un genocidio perpetrato non su base etnica, ma su base valoriale della vita umana.
Mettiamo da parte “la cultura dello scarto” come vuole Papa Francesco, e come comunità solidale affranchiamoci e liberiamoci da questo stato di passiva complicità, iniziando e gridando all’ingiustizia. Accendiamo un faro su questa tragedia e solidarizziamo con la causa di milioni di donne e uomini disposte a perdere la vita per ricercare un destino migliore. Viandanti senza permesso, considerati una minaccia ed anche la causa di tutti i nostri problemi, e per alcuni anche causa dell’attuale pandemia. Non lasciamoci persuadere dall’egoismo materiale, quello per cui i nostri governi si dicono impegnati a risollevare i Pil nazionali, citando Kennedy “il Pil misura tutto eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta.”