La mutilazione genitale femminile è un fenomeno subdolo e silenzioso in Italia e non solo. Secondo le statistiche ci sono circa 80mila donne che hanno subito l’infibulazione, un numero destinato ad aumentare.
La mutilazione genitale femminile è assolutamente da portare all’attenzione dell’opinione pubblica, perché oggi non se ne può fare solo una questione di cultura, dato che ormai con le politiche migratorie i popoli saranno sempre più misti, e con essi sempre più le culture saranno logicamente tramandate anche fuori dai paesi di origine.
È una pratica radicata nelle vecchie generazioni da tempi antichi, ma è molto importante che con il venire delle nuove, siano sradicate queste barbare culture con informazioni sempre più mirate, anche perché erroneamente la stragrande maggioranza di persone pensano che sia un problema religioso e principalmente africano, mentre è fondamentalmente un problema culturale, tanto più che anche nei paesi musulmani di tutto il mondo a minoranza cattolica anche questi ultimi culturalmente eseguono tale pratica.
Il problema della mutilazione genitale femminile è una vera e propria piaga e violenza sulle le donne. Ritenuta dalla scienza medica come un atto inutile e dunque catalogata dalle varie organizzazioni mondiali come una violenza sulle donne al solo scopo di assoggettarle al piacere dell’uomo con la scusa di rendere la donna più pura.
Gli effetti collaterali sono molto gravi sia dal punto di vista fisico che psicologico, con frustrazioni e disturbi della personalità.
In Italia ci sono articoli di legge che vietano e puniscono tale pratica, ma nonostante tutto, viene svolta in clandestinità in ambienti non idonei con mezzi di fortuna tipo forbici lamette, coltelli ecc… con gravi rischi sanitari che posso portare alla morte o all’invalidità della persona. Eppure, per il fatto che sul territorio italiano non è legalmente permessa, molte persone tornano anche nei loro paesi per poterla effettuare.
Lodevole l’iniziativa già dagli anni ottanta del Dottor OUMAR ABDULCADIR, medico di origine somala che ha studiato in Italia laureandosi in medicina, proponendo un metodo alternativo e simbolico per salvaguardare la tradizione senza infliggere mutilazione. La sua lodevole pratica ha suscitato polemiche e controversie. Avendo preso a cuore questa tematica sin dall’inizio del suo percorso, con l’aiuto della Regione Toscana, ha fondato il primo centro regionale per prevenire e migliorare anche attraverso interventi di ricostruzione per migliorare le condizioni psicofisiche e sessuali di tante donne.
Andiamo a vedere quali sono le pratiche usate per questo atto osceno contro le donne e le bambine dalle varie etnie.
Innanzitutto esistono varie tipi di mutilazione genitali femminili, ma anche maschili con conseguenze più o meno invasive. La pratica dell’infibulazione più conosciuta è la circoncisione maschile; una pratica che può avvenire per motivi culturali, per motivi igienici e di salute. Consiste nell fare un mini intervento chirurgico per asportare il prepuzio, anche questa eseguita con mezzi di fortuna. Culturalmente parlando, le etnie che la praticano ritengono che sia favorevole all’uomo perché lo renderebbe più virile e più attraente oltre a limitare le infezioni. Ci sono pareri contrastanti riguardo a questa pratica che tutta via non deve essere confusa con l’INFIBULAZIONE che subisce la donna.
Vediamo quali sono i vari tipi di infibulazione che si differenziano in IV livelli di grado:
TIPOLOGIA DI I GRADO
Consiste nella escissione circonferenziale del prepuzio del clitoride (analoga alla circoncisione maschile) che nella tradizione islamica musulmana viene chiamata Sunna. Questa pratica tradizionale non comporta alcuna mutilazione, poiché viene eseguita facendo una piccola incisione facendo uscire alcune gocce di sangue.
TIPOLOGIA DI II GRADO
Questo tipo implica la rimozione del glande del clitoride o, a volte, anche dell’intero clitoride e può includere parte delle piccole labbra o tutte, particolarmente diffusa in Egitto e parte dell’Africa orientale e subsahariana.
TIPOLOGIA DI III GRADO
Chiamata “circoncisione faraonica” o infibulazione, avviene chiudendo parzialmente l’orifizio vaginale dopo la mutilazione di una varia quantità di tessuto vulvare, asportando parte del monte di venere, le grandi e piccole labbra e il clitoride.
I due lati della vulva vengono poi cuciti tra loro con una sutura, lasciando un piccolo passaggio nella parte inferiore per le emissioni del flusso mestruale, e dell’urina non permettendo la pratica sessuale.
È particolarmente diffusa in Somalia, in Sudan e presso alcuni popoli del Mali.
TIPOLOGIA DI IV GRADO
Poco diffusa e praticata solo in alcune aree geografiche, si esegue per dilatare o restringere la vagina. Nel primo caso, si tratta della cosiddetta introcisione, cioè una dilatazione traumatica della vagina usata come preparazione della prima notte di nozze. Nel secondo caso, la vagina viene fatta restringere allo scopo di risultare “più stretta” per un eventuale secondo matrimonio.
Queste IV forme di mutilazione sono solo le più praticate, ma le versioni sono molteplici e si racchiudono in a una multiformità di pratiche molto diverse tra loro anche se non necessariamente nocive, che si differenziano tra luoghi e culture diverse, poiché queste culture sono connesse a campi di esistenza sociale, come il matrimonio la procreazione e le relazioni tra generi.
Di solito quello che non si può fare legalmente avviene sempre nella clandestinità. Spero che questa tematica sia
atenzionata nel modo giusto ed efficace.