Perché è esplosa la protesta degli agricoltori in India?

In India da alcuni mesi a questa parte è esplosa una vera protesta degli agricoltori, tutto nasce dalla legislazione che liberalizza il mercato agricolo. La riforma del governo per la privatizzazione del settore agrario secondo il premier Narendra Modi è importante, poiché afferma che porterà grandi vantaggi a milioni di coltivatori, perché promuove una maggiore circolazione dei prodotti agricoli. Subito dopo l’approvazione della riforma, a settembre (senza consultare i soggetti interessati) gli agricoltori avevano risposto con proteste locali, passando allo sciopero della fame sino al blocco delle strade marciando in direzione della capitale. Nel Punjab i manifestanti hanno bloccato per intere settimane il passaggio dei treni, dopo una tregua richiesta dal Premier in cambio della posticipazione dell’approvazione della legge, gli agricoltori rincorrono imperterriti il loro ideale di lotta, volto alla sopravvivenza ormai, chiedendo la totale abrogazione della legge.

Per il Governo la riforma è volta a facilitare l’investimento privato così da favorire l’ingresso diretto dei produttori al mercato. Mentre per i contadini, l’eliminazione dei prezzi minimi garantiti dallo Stato li espone eccessivamente all’area del mercato e al potere delle multinazionali. Le grandi compagnie agricole in questo modo potranno modificare i prezzi a proprio vantaggio.  L’agricoltura in India vale circa 2900 miliardi di dollari all’anno, è il 15% del PIL e nutre la metà della popolazione. Secondo l’India Brand Equity Foundation il 58% della popolazione indiana dipende dal lavoro agricolo, l’85% sono piccoli agricoltori che possiedono al massimo cinque acri (l’acro è un’unità di misura di superficie del sistema imperiale britannico e di quello consuetudinario statunitense, ma non è adottato dal sistema internazionale).

L’India è un paese entusiasmante ed ha ottenuto conquiste non da poco, nonostante i progressi degli ultimi anni in ambito economico, uno dei maggiori problemi sociali rimane la povertà e l’inadeguata distribuzione della ricchezza. Il valore umano del lavoro dovrebbe superare il desiderio di profitto del paese, poiché senza agricoltori si cadrebbe nel baratro dell’inefficienza di sostentamento per la popolazione. Ascoltare le voci di chi contribuisce alla crescita del paese è importante non solo per una adeguata politica sociale ma specialmente per evidenziare quanto chi sembra non contare in verità risulti di vitale importanza. Senza agricoltori, non ci sarebbe cibo.

Sono molte le persone che stanno appoggiando la causa degli agricoltori indiani, le ingiustizie in questi mesi di proteste sono di pari passo. La fondatrice di Fridays For Future India, Disha Ravi è stata arrestata per aver semplicemente creato un gruppo Whatsapp a sostegno delle proteste dei contadini contro le nuove leggi del Governo di Modi. Molti giornalisti sono stati arrestati, la repressione cresce costantemente sino a bloccare internet e i social media per impedire ai manifestanti di organizzarsi. Come sostenuto da Amnesty International India, l’anno scorso tutti i loro conti sono stati congelati, l’ufficio è stato chiuso ed i loro 138 colleghi hanno perso il lavoro.

Nessuna delle tante testate occidentali si azzarda a criticare il sistema indiano, sebbene esso sia una miscela esplosiva di feudalesimo e capitalismo, non si tratta di democrazia dal momento in cui puoi comprarti intere famiglie in cambio di voti. Non è democrazia quando la repressione del Governo vieta di protestare pacificamente, è un diritto umano ed uno Stato che si professa così democratico sta semplicemente mentendo al mondo intero.

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