Myanmar tra democrazia e dittatura militare

Il primo febbraio, l’esercito del Myanmar guidato da Min Aung Hlaing ha preso il potere con un colpo di stato. La più importante figura politica della Birmania, il consigliere di stato, Aung San Suu Kyi, con altri alti esponenti del partito di governo sono stati arrestati. L’esercito giustifica il golpe dichiarando fraudolente le elezioni di fine 2020. Ormai la giunta militare tiene il potere da tre settimane. La lotta per la democrazia e la posizione autoritaria dei militari, da sempre, ha segnato la storia politica del paese.

Il Myanmar, o Birmania, è un paese sud asiatico, confinante con Cina, India, Bangladesh, Thailandia e Laos. In questo paese multietnico si parla la lingua birmana. La religione principale è il buddismo. Nel 1948 ha ottenuto l’indipendenza dalla Gran Bretagna. Dal 1962 al 2011 è stato governato dal regime militare.  

Nel 1962, a seguito di un colpo di stato, il paese è diventato una dittatura militare guidata dal Partito del Programma Socialista della Birmania, il partito unico che rappresentava la via birmana al socialismo in un’ottica militare. Le rivolte del 1988, portarono alle dimissioni di Ne Win, dopo 26 anni al potere, dalle cariche di presidente della Repubblica e leader del Partito. Le manifestazioni non si fermarono e i militari presero il potere con un colpo di stato. Come opposizione democratica al regime militare nacque la Lega Nazionale per la Democrazia e Aung San Suu Kyi venne eletta come segretario generale.

Aung San Suu Kyi è figlia di Aung San, eroe dell’indipendenza birmana dal Regno Unito che fu assassinato dagli avversari politici quando lei era bambina, e figlia di Khin Kyi, un’importante esponente politica nella storia birmana. Aung San Suu Kyi venne condannata agli arresti domiciliari senza processo nel 1989. Ottenne la vittoria nelle elezioni del 1990 ma i militari annullarono il voto popolare. Lo stesso anno le fu assegnato il premio Sakharov per la libertà di pensiero, e l’anno successivo vinse il premio Nobel per la pace. Durante la sua carriera politica fu privata tante volte delle sue libertà per mano del regime ma lei riuscì a guadagnare rispetto e ammirazione a livello mondiale grazie ai suoi atti a favore dei diritti umani.

Nel 2010 venne liberata ed ottenne il seggio al parlamento nel 2012. Dal 2017 ad 2021, è stata consigliere di Stato, il primo ministro de facto, del paese. Una difficile convivenza con l’esercito, l’ha messa in mezzo a critiche durissime per non aver reagito contro la persecuzione dei Rohingya. In ogni caso, nelle elezioni di novembre 2020 riesce a conquistare l’80 per cento dei seggi contendibili mettendo in pericolo il potere prestabilito dell’esercito.

L’esercito ha sostenuto che quelle elezioni siano state fraudolente, nonostante il parere contrario della commissione delle elezioni. Con il colpo di stato dell’inizio febbraio, i piccoli passi verso la democrazia sono stati bloccati dal potere radicato dell’esercito che, con il 25 per cento dei seggi al Parlamento, tiene il potere nel paese.

Nel paese le proteste dei cittadini continuano da settimane per far sentire la propria voce come persone e come popolo. Nel suo intervento del 2014 sul “Perché democrazia è importante”, Aung San Suu Kyi aveva detto che ieri, oggi e domani la democrazia era, è, e sarà importante, ricordando che la Birmania è ancora alla ricerca di una democrazia, senza escludere che, questa ricerca, potrebbe essere impedita.

In Birmania l’esercito ha bloccato Facebook, Twitter e Instagram, le risorse primarie di informazione nel paese, così come ha censurato l’informazione radio-tv. La libertà di espressione, la libertà di associazione e la libertà di stampa sono gli elementi essenziali per far sentire le voci delle persone in una democrazia. Migliaia di persone cresciute per generazioni senza sapere cosa fosse veramente la democrazia, protestano da settimane per far sentire le loro voci, per rivendicare le libertà e la giustizia rifiutandosi di obbedire al regime golpista.

I militari, invece, dichiarano di essere con il popolo e invitano i protestatori a non “distruggere la democrazia”. Questi avevano dichiarato precedentemente di voler formare una democrazia reale e disciplinata.

Un regime reale e disciplinato è una forma di governo dove non c’è spazio per la giustizia e per le libertà degli individui. Questa è una verità che dovremmo aver imparato dalla storia e di cui dovremmo farci tutti sempre testimoni.

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