Decrescita economica e crisi culturale

È ormai da diversi anni che i dati demografici rilevano come il nostro paese stia pericolosamente invecchiando, galleggiando su un’opaca deriva che lo sta inesorabilmente spingendo verso un’involutiva decrescita. Decrescita non solo quantitativa, ma che si riflette anche sulla generale tenuta sociale.

Tormentata da una crisi che non è dunque solo economica, l’Italia vivacchia a stento e con affanno in un’atmosfera impigrita, dove rari sono gli slanci evolutivi e frequenti i fenomeni di sfiducia. Come se non bastasse la crescente diseguaglianza sociale, a restare compresse e frustate sono le stesse energie vitali delle nuove generazioni, che spesso finiscono per rifluire verso altri approdi, verso quei paesi che dimostrano maggior dinamismo e vivacità. Un nuovo flusso migratorio che indebolisce il naturale ricambio fisiologico del paese, aggravando ulteriormente le sue prospettive di sviluppo.

Non sfuggirà che se perdura questa inerzia che complessivamente attanaglia il nostro paese, saremo destinati a impoverirci ulteriormente ed essere risucchiati in un’inevitabile decadenza.

Insomma, è come se il nostro paese, da solo, non ce la facesse a riprendersi e a proiettarsi su nuovi orizzonti. Le stesse misure di rilancio economico decise dal governo, grazie ai finanziamenti in arrivo dall’Unione europea, rischiano di mancare gli obiettivi, per la prevedibile insufficienza sia delle capacità progettuali, sia dei volumi di risorse umane, fattori entrambi necessari per consentirne l’attuazione.

Ed è per queste ragioni che l’Italia avrebbe bisogno di nuove energie produttive: da attingere sia lungo il percorso formativo endogeno, sia attraverso l’utilizzo dell’offerta lavorativa esogena. Valorizzando cioè sia il nostro patrimonio giovanile, sia accogliendo la pressione migratoria.

È così che andrebbe gestito il flusso di stranieri che bussano alle nostre porte, con razionalità e lungimiranza, riconoscendo loro i diritti di cittadinanza e la dignità sociale. Con quell’indispensabile respiro strategico verso l’unico futuro possibile che la storia ci riserva.

Peccato che le politiche migratorie italiane si limitino invece ad accapigliarsi sugli sbarchi e andare a caccia di clandestini, o a finanziare le motovedette libiche e i carcerieri turchi. Se non si esce da quest’angustia culturale, se non si agisce con coraggio e intelligenza, il declino italiano continuerà la sua infelice traiettoria.

Menu