Articolo 27 comma 2 ” l’imputato non è considerato colpevole fino alla sentenza definitiva di condanna”.
La famosa presunzione di innocenza è qualcosa che assilla gli animi di chi rivendica giustizia ma soprattutto è imprescindibile per le persone come Mimmo Lucano. La pena di Lucano, stabilita nel primo grado di giudizio ha scosso buona parte del panorama giornalistico, politico e del terzo settore.
Parliamo di 13 anni e due mesi di carcere, addirittura quasi il doppio rispetto a quella richiesta dal procuratore capo di Locri, Luigi d’Alessio e dal pubblico ministero Michele Permunian che avevano chiesto 7 anni e 11 mesi. Secondo i giudici del tribunale di Locri, Lucano nascondeva un’associazione a delinquere responsabile di abuso d’ufficio, truffa, concussione, peculato, turbativa d’asta, falsità ideologica e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
Questa sentenza ha provocato un grido di dolore universale, lecito per chi crede in Domenico Lucano ma soprattutto per se stesso. L’incertezza di questa sentenza è plausibile ma non obbiettabile al momento, al di là delle problematiche giuridiche, un uomo con alle spalle un processo (che come dicono i giuristi equivale ad una condanna) e una condanna a 13 anni, grava in modo indescrivibile sulla sua persona.
Se successivamente si venisse a scoprire in Cassazione l’illegittimità del giudizio di appello, non esisteranno denari in grado di risarcire la dignità, la reputazione, l’onore e soprattutto gli anni di vita trascorsi con questi macigni nella coscienza e nell’anima. Mimmo Lucano ha pagato ingenuità burocratiche ma non ha lucrato su nulla, non è stato provato alcun lucro economico difatti.
In queste ultime ore è scoppiato un vero caso mediatico, ma l’equilibrio tra processi e informazione andrebbe realizzato sul terreno della deontologia ed eliminando i pregiudizi politici che invadano la questione. I difensori sono personaggi scomodi, che fanno sentire la propria voce quando chi detiene il potere politico o economico vorrebbe imporre loro il silenzio. Ed essere un personaggio scomodo significa essere costantemente sotto attacco.
Bisogna saper ricordare il bene e i gesti che hanno avuto rispetto per la dignità umana, esistono atti di benevolenza che vengono definiti “illegali” così in passato e così ora. Esistono persone che hanno cambiato la storia facendo rinascere le parti più invisibili di questo pianeta, stanchi di subire sono stati incarcerati, ammazzati e derubati della propria vita. Si chiama Disobbedienza Civile , bisogna separare ciò che è legale e legittimo e creare un modo per segnalare che i cittadini sono disposti ad infrangere la legge per opporsi a misure percepite come ingiuste. Rosa Parks, Nelson Mandela, Carola Rackete e vorrei pensare anche Mimmo Lucano. Hanno avuto in comune la stessa necessità di non rimanere indifferenti, perché come disse Lucano in un’intervista “non si può stare fermi quando vedi qualcuno che sta per morire, solo perché lo dice la legge”.
“L’accoglienza dolce” così veniva definita quella sperimentata in un piccolo paesino della Calabria, ha permesso di ricostruire una comunità e di risolvere i problemi del territorio, una delle cosiddette aree interne del profondo Sud italiano, dove l’emigrazione è l’unica soluzione per il futuro. Mimmo Lucano ha saputo fare quello a cui spesso lo Stato si sottrae, c’è fiducia nella legge ma non possiamo negarla nemmeno a chi ha saputo dare una seconda vita agli invisibili.