L’attimo sfuggente

Alle volte non ci accorgiamo quanto godere il tempo sia un elemento prezioso ed importante per la nostra esistenza, indaffarati quali siamo dalle cose della vita. Poi succede qualcosa che ci catapulta all’attimo, che ci àncora al tempo presente e ci ridesta. Qualcosa che ci interroga, un’occasione di sussulto che ci può forgiare. Un attimo che è anche occasione per decidere che uomini vogliamo essere. Un’opportunità per parteggiare e schierarsi contro l’appiattimento omologante ed autodeterminarsi.

Quando sono venuto a conoscenza della vicenda di Luca Morisi, la cui posizione giudiziaria deve essere ancora qualificata ma la cui responsabilità politica è incontrovertibile, mi sono trovato ad un bivio. Assecondare l’istinto primario di rivalsa contro chi, e più degli altri, ha minato la mia esistenza, per cui abbigliare la pelle nera in questo paese è diventato assurgere a bersaglio di pregiudizi, quando ti va bene, e/o a offese gratuite, sdoganando e legittimando comportamenti sociali che sarebbero passibili di legge se non fossero congetturate ed ordite nelle stanze di un ministero della Repubblica, quello deputato anche alla mia sicurezza.

La persona che ha minato fino a compromettere le basi per una convivenza civile, un fedifrago della repubblica, che ha esacerbato il confronto politico a guerra in cui non ci sono avversari ma solo nemici. Colui che ha inasprito toni e linguaggi di odio, un avvelenatore di pozzi, per cui è naturale addivenire a premiare sulla RAI, a cui anch’io pago il canone, “pseudo comici” che affermano che il rilievo giuridico di dire “negro” venga mitigato dal sorriso che si accompagna nel pronunciare che quell’infame stigma.

La persona che ha contribuito, vigliaccamente, ad annichilire ogni forma di resistenza civile a colpi di insulti e stereotipato intere categorie sociali a modo classificazione razziali dei regimi autoritari del Novecento. Per un attimo, in realtà per più istanti, sono stato tentato ad abbandonarmi alla vertiginosa tentazione, autoassolvendomi dal divino tempo, per scagliarmi contro chi, l’infima denigrazione poteva avvenire non su contorni sfumati ma sulla contraddizione di cui è espressione.

Si dice che il tempo è galantuomo e si attribuiscono anche qualità curative e cicatrizzante delle ferite. Quello che si sottovaluta però è che il tempo erode, ferisce ed è anche beffardo. Era arrivato il tempo per me di essere come lui, la bestia, e più che una rivalsa mi sembrava una sua ennesima vittoria. La mia non è compassione religiosa, sarebbe incompatibile con i sentimenti che ancora mi suscita, né tanto meno perdono, il quale viene accordato alle persone che lo chiedono e sono rendenti e lui, fino a prova contraria, è ancora convinto che quanto da lui perpetrato è legittimo. Il mio è un tentativo di dare valore al mio tempo, che è prezioso, ed impegnarlo affinché il prossimo Morisi mi trovi con anticorpi.  A lui non resta che augure un tempo di riflessione.

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