Amnesty chiuderà i suoi uffici ad Hong Kong entro la fine dell’anno

Quarant’anni fa è stato aperto l’ufficio regionale della sezione locale ad Hong Kong, ora entro dicembre Amnesty chiuderà i battenti a causa della Legge sulla sicurezza nazionale imposta da Pechino.

Questa legge ha reso impossibile a un’organizzazione per i diritti umani operare liberamente e senza rischiare gravi rappresaglie da parte del governo. Viene punito ogni atto di “secessione”, sovversione dei poteri dello stato, terrorismo e “collusione con forze esterne o straniere per minacciare la sicurezza nazionale”. Definizioni talmente vaghe da consentire alle autorità di Hong Kong di fabbricare indagini praticamente contro chiunque.

Ricapitolando gli avvenimenti, Hong Kong è stata teatro di brutalità e violazione dei diritti umani, fa parte della Cina ma possiede una sua autonomia sul piano economico, giudiziario ed amministrativo. Nel 1997 la città tornava sotto la sovranità cinese dopo essere stata sotto il dominio dell’Inghilterra ma questo poteva accadere ad una condizione: il rispetto da parte della Repubblica Popolare Cinese del “One country two system” ossia il principio che riconosceva all’ex colonia il privilegio di mantenere il proprio sistema economico ed amministrativo. L’autonomia concessa dalla Cina non è illimitata, scade nel 2047.

Le proteste sono insorte contro il disegno di legge sull’estradizione verso la Cina. Essere processati in Cina non equivale ad essere processati ad HK, poiché il sistema giudiziario cinese è uno dei più iniqui al mondo.

Joshua Wong, uno dei più importanti attivisti per la democrazia di Hong Kong, dovrà scontare altri 10 mesi in carcere per aver partecipato il 4 giugno 2020 a un raduno non autorizzato per commemorare per le proteste di piazza Tienanmen del 4 giugno 1989. Il ricordo delle proteste di piazza Tienanmen, in cui l’esercito cinese represse con la violenza le grandi manifestazioni studentesche che chiedevano democrazia, è sempre stato vietato in tutta la Cina, tranne che a Macao e Hong Kong per via del loro statuto speciale come territori autonomi: nel 2020 era stato vietato per la prima volta anche a Hong Kong.

Da quando nel 2019 sono iniziate le proteste a Hong Kong contro il governo filocinese e contro l’approvazione della controversa “legge sulla sicurezza nazionale” (approvata a giugno del 2020), Wong è stato arrestato più volte. Prima di dicembre però non era mai rimasto in carcere per più di due mesi: con le ultime due condanne invece dovrà scontare ancora circa un anno e mezzo di carcere.

Le manifestazioni pacifiche a cui hanno partecipato migliaia di giovani mobilitando insegnanti e genitori sono state il risultato di una vera e propria lotta per la libertà, hanno avuto paura del proprio futuro così da scendere in campo con l’arma migliore, la resilienza abbracciata al coraggio.

Sono stati mesi molto duri quelli del 2019 poiché la polizia ha adottato una vera repressione costituita da accesi scontri contro i giovani, utilizzando l’uso della forza e delle armi contro persone disarmate, hanno dimostrato che l’unica forma di dialogo per la Cina ad oggi è l’oppressione.

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