Amazon e Google firmano un accordo da un milione di Euro per fornire la propria tecnologia all’esercito israeliano

Un contratto da 1,2 miliardi di dollari con il Governo israeliano, l’accordo fa parte del “Project Nimbus”, un maxi piano finalizzato ad ammodernare le tecnologie dell’esercito e dell’amministrazione pubblica israeliana in relazione ai servizi di Cloud Computing.

Tra i beneficiari di questo accordo ci sono alcune agenzie governative tra cui l’Israel Land Authority, ovvero l’ente che gestisce gli insediamenti israeliani nei territori palestinesi e le cui politiche sono state definite “discriminatorie” da Human Rights Watch. I portavoce di Google e Amazon hanno dichiarato che si tratta di un accordo che permetterà di potenziare le startup innovative e favorire lo sviluppo economico in tutto il paese. Tutto questo attraverso la creazione di un’infrastruttura cloud che permetterà di manternere i dati di governo, amministrazione pubblica e forze armate all’interno dello Stato di Israele.

I riflettori si sono accesi nuovamente su Amazon in questi giorni, 400 dipendenti delle due Big Tech hanno inviato una lettera anonima pubblicata dal The Guardian dove hanno condannato la partnership con Israele. Il pensiero di questi dipendenti rimasti anonimi per timore di ritorsioni, è che i servizi che Amazon e Google forniranno ad israele potranno agevolare le attività di sorveglianza e raccolta di dati nei confronti dei palestinesi, nonché l’espansione degli insediamenti nei loro territori. I dipendenti chiedono ai loro dirigenti di ritirarsi dal Project Nimbus: << La tecnologia che le nostre aziende si sono impegnate a sviluppare renderà la discriminazione sistematica effettuata dall’esercito e dal governo israeliano nei confronti dei palestinesi ancora più crudele e mortale-si legge nella missiva-Noi lavoratori di Google e Amazon non possiamo voltarci dall’altra parte, nel momento in cui i nostri prodotti vengono utilizzati per negare ai palestinesi i loro diritti fondamentali>>. All’interno della lettera viene toccato anche il tema del processo di militarizzazione delle due compagnie, ovvero il loro progressivo ingresso nel campo della sicurezza militare attraverso il tentativo di siglare contratti milionari per la fornitura di servizi di cloud computing con il Pentagono, i dipartimenti di polizia e l’agenzia governativa che si occupa del controllo delle frontiere e della gestione dei flussi statuninense.

Secondo Stefano Zanero professore di Computer Security al Politecnico di Milano, fornire agli eserciti dei servizi è molto diverso rispetto a fornire loro degli oggetti. Nel primo caso il coinvolgimento delle aziende fornitrici è molto più diretto e strutturale: è chiaro che in nazioni con un esercito molto moderno, tali servizi diventano parte integrante delle operazioni militari e ne innervano l’esecuzione. Esiste un tema etico per un dipendente che eroga dei servizi concepiti in linea di principio per uso civile e che non vuole che il proprio lavoro venga utilizzato per finalità militari.

Nel 2018 quando scoppiò lo scandalo dei bambini migranti separati dai genitori al confine tra Usa e Messico, venne fuori che a fornire all’Ice ( agenzia Usa che si occupa di controllo delle frontiere e gestione dei flussi migratori) i software funzionali al tracciamento dei migranti era, tra gli altri, proprio Amazon. Il regno di Bezos immagazzinava sui propri server i dati raccolti da Palantir, la compagnia che si occupava direttamente del tracciamento dei migranti. Google ad esempio fa affari con la Cina e in questo modo supporta il controllo del regime di Pechino sulla stampa libera.

Compagnie di questo tipo dovrebbero contribuire a risolvere i problemi tra Israele e Palestina, non ad acuirli.

Questo articolo è stato redatto secondo un’inchiesta di T. P. I

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