Bielorussia, quando i migranti non sono più persone ma diventano mezzi per il ricatto

Sono migliaia di donne, bambini e uomini accampati a temperature sotto lo zero ai confini dell’Europa. Cercano di entrare attraverso la Bielorussia di Lukashenko, interessato a lasciarli passare come ritorsione alle misure restrittive imposte dall’Ue. Mentre la polizia polacca li respinge con gas lacrimogeni. Il dittatore bielorusso Aleksandr Lukašenko vorrebbe costringere gli europei a cancellare le sanzioni imposte al suo paese, sottoponendo probabilmente l’Unione a un test geopolitico per valutarne l’unità, le capacità di difesa e lo stato dell’opinione pubblica sul tema sensibile dei migranti.

La maggior parte di chi sta tentando di oltrepassare il confine proviene dal Medio Oriente e dall’Asia, soprattutto dall‘Iraq. La domanda che molti si stanno ponendo è questa: come hanno fatto migliaia di persone provenienti da terre lontane ad arrivare in quel punto per attraversare il confine? Secondo Andrzej Duda, presidente della Repubblica di Polonia, che ha tenuto una conferenza stampa diffusa sui canali social, non ci sono dubbi: «Trattasi di un’azione condotta dal regime bielorusso contro la Polonia e l’Unione europea. Sono stati i servizi bielorussi a dirigere i migranti verso la foresta portandoli in un punto del confine dove non c’è attraversamento». Finora l’Unione europea è riuscita a evitare la trappola delle divisioni (in cui invece era caduta in occasione della crisi migratoria del 2015) e questo nonostante le critiche più che giustificate all’intransigenza polacca davanti a quella che è chiaramente anche una crisi umanitaria. In pochi giorni le pressioni europee sono riuscite a ridimensionare il ponte aereo creato tra diverse capitali del Medio Oriente e la Bielorussia, dove i migranti arrivavano pagando qualche migliaio di euro e spinti dalla promessa di un ingresso facile in Europa.

Kuznica è un comune in Polonia, al confine con la Bielorussia, che conta circa 4mila abitanti. È lì, in quel minuscolo angolo d’Europa che si sta concentrando una tragedia umanitaria sotto gli occhi del mondo. Al momento si parla di circa 4 mila tra uomini, donne e bambini che stanno cercando di entrare in Polonia, dalla Bielorussia, oltrepassando le barriere di filo spinato e l’esercito polacco, arrivato con 12mila uomini per respingerli, anche a colpi di gas lacrimogeni. Una situazione che rischia di esplodere. Si parla già di almeno otto mortiLe temperature, di notte, scendono abbondantemente sotto lo zero e i migranti sono accampati in condizioni disumane in tende improvvisate. La rotta bielorussa per l’ingresso in Europa non è nuova e non la si scopre in questi giorni. Le autorità la conoscono da mesi, tanto che le cifre parlano di oltre 11mila tentativi di entrare nel territorio polacco senza documenti nel solo mese di ottobre.

L’Unione Europea accusa il presidente della Belarus Lukashenko di incoraggiare i migranti dal Medio Oriente a viaggiare verso il suo Paese, per poi inviarli verso i membri dell’Ue – Polonia, Lituania e Lettonia – come ritorsione contro le sanzioni imposte al regime per la sua repressione del dissenso interno dopo la contestata rielezione nel 2020. Minsk respinge le accuse, ma ha dichiarato che non fermerà più i migranti che cercano di entrare nell’Unione Europea.

Intanto i migranti che cercano di entrare in Europa hanno davanti il filo spinato polacco, dietro quello bielorusso. Alcuni coraggiosi operatori umanitari riescono a scavalcare il cordone di sicurezza della polizia polacca, e cercano di non rivelare la loro presenza per non essere espulsi.

Chi tra i migranti trova un varco per proseguire verso occidente e viene intercettato dalle guardie di frontiera è rispedito indietro. Non si dovrebbe fare, ma si fa. Di sicuro se ci sono respingimenti illegali di chi è già in territorio europeo e avrebbe il diritto di chiedere asilo politico, non vengono mostrati nei video che si trovano in rete, perché gli inviati dei media occidentali sono bloccati dalla polizia di frontiera polacca. Tra chi è riuscito a “passare”, c’è Ahmed con i suoi compagni di viaggio, in fuga dall’Afghanistan. Sono stati respinti 18 volte. Ora Ahmed è in Germania in attesa di asilo e ha potuto raccontarlo ai media, gli altri no.

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