Che meraviglia quando il lavoro è così soddisfacente! Quando si porta la bandiera della diversità per interagire con giovani che ascoltano pieni di curiosità, quando si visita un istituto come l’Istituto Statale di Istruzione Superiore Romero, una scuola in un paese della Valseriana, Albino in Provincia di Bergamo. Questa scuola è intitolata ad Oscar Arnulfo Romero, arcivescovo di San Salvador, ucciso nel 1980 perché appartenente ad una chiesa militante che riusciva a stare vicino ai più umili e a denunciare le ingiustizie dei potenti.
La scuola è divenuta autonoma in quell’anno mantenendo la convinzione che “una solida formazione umana e civile è basata sui valori della democrazia, della libertà, della solidarietà, del rispetto della legalità, della eliminazione di ogni forma di discriminazione, della diffusione di una cultura della non violenza e della pace”. Così nel 1980 sono iniziate le pratiche per l’intitolazione alla memoria dell’arcivescovo ucciso.
Il 18 maggio 2006 questa attenzione è stata riconosciuta con l’Award di Cooperazione Europea assegnato con la seguente motivazione: “Per tutte le attività poste in essere al fine di stimolare riflessioni sulle diverse culture, per le attività di dimensione europea previste all’interno del POF ed i percorsi avviati di ‘cittadinanza europea'”.
E’ proprio una gioia portare in un liceo come questo un personaggio degno di essere conosciuto e riconosciuto come Amir Ra, un regista giovane con una speciale sensibilità per i temi della migrazione e dell’empowerment delle minoranze. Un regista e un fotografo italo-egiziano, laureato a Milano e poi tornato al Cairo. In Egitto ha frequentato l’Accademia Internazionale delle Scienze della Comunicazione, specializzandosi in Cinema. Una volta in Egitto e ancora studente ha cominciato a lavorare con registi già noti in Medio Oriente. Nel 2010 si trasferisce a Roma per collaborare con il direttore della fotografia italiano Marco Onorato. Ha lavorato come direttore della fotografia in molti progetti in tutto il mondo, serie tv e lungometraggi e videoclip musicali di famose band italiane e anche per spot televisivi.
Ci ha donato un cortometraggio che fa emozionare, pensare e soprattutto porre delle domande. “Io sono Fatou” è stata fonte di ispirazione per il Romero dove si è dato vita a un laboratorio chiamato “I’am” sulla valorizzazione della appartenenza, che è divenuta poi parte di una mostra dal nome “Chi ha paura del uomo nero”. “Io sono Fatou” parla dell’identità, della libertà, delle così chiamate “seconde generazioni”, della discriminazione e dei pregiudizi. Il regista lascia che sia la protagonista a raccontarci di lei, della Fatou che canta al suo futuro e che vuole essere riconosciuta per quello che è: una donna afro-italiana e romana.
Non voglio raccontarvi di più, vorrei che voi la scopriate, che conosciate Fatou, Amir e che magari ci sia un’altra scuola che abbia voglia di raccontare le storie di quelli che fanno la differenza e che promuovono i valori dei giusti, della non violenza e soprattutto della pace.
