Le autorità giudiziarie italiane abbandonano le accuse contro Carola Rackete

Il tribunale di Agrigento ha abbandonato tutte le accuse contro la capitana della Sea Watch 3. Carola Rackete era stata accusata, nel 2019, di aver forzato l’ingresso nel porto di Lampedusa con a bordo della nave 42 migranti soccorsi al largo della Libia. “Nella nostra storia moderna, le violazioni dei diritti più gravi non sono state commesse dagli individui ma dagli stati”, ha reagito la militante.

Questa è una vittoria per le associazioni di aiuto ai migranti nel mare. Il tribunale di Agrigento ha infatti definitivamente abbandonato le accuse contro la militante. L’allora ministro degli interni Matteo Salvini aveva rifiutato di lasciar attraccare la nave umanitaria nell’ambito della sua politica dei porti chiusi.

Rackete aveva agito nel compimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto internazionale del mare.
Più di due anni più tardi, il tribunale ha dichiarato che lei aveva fatto il suo dovere proteggendo le persone a bordo della nave, e che la decisione di Matteo Salvini era “contro le norme”. “Carola Rackete ha agito nel compimento del dovere di salvataggio previsto dal diritto nazionale e internazionale del mare”, ha sancito il giudice in carica del dossier Micaela Raimondo.

Secondo il giudice, “una nave in mare non può essere considerata come un luogo sicuro: oltre ad essere alla mercé di eventi meteorologici sfavorevoli, non permette il rispetto dei diritti fondamentali delle persone soccorse”.
Idem per la Libia, dove i porti non sono dei luoghi sicuri, a causa delle condizioni di vita dei migranti nel paese dove “migliaia di persone sono in detenzione arbitraria e sono sottomesse a torture”, segnala di nuovo il giudice, basandosi su un rapporto dell’alto commissariato delle Nazioni Unite, UNHCR.

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