Il presidente Lula e la difesa degli indigeni e dell’ambiente in Brasile

Durante il primo giorno del suo nuovo mandato, il presidente brasiliano Luiz Inácio Lula da Silva, ha firmato le nuove misure per la protezione delle popolazioni indigene e dell’Amazzonia. Il primo atto del presidente Lula è stato apprezzato dagli ambientalisti di tutto il mondo ma Lula riuscirà a invertire le politiche anti-ambientaliste del suo predecessore Jair Bolsonaro?

Al presidente si profila una grande sfida per ribaltare le politiche ambientali e sociali di Bolsonaro. L’amministrazione di Lula non ha perso tempo, ha nominato due volti noti per la difesa dell’Amazzonia e dei popoli indigeni come ministri del nuovo governo: Marina Silva e Sônia Guajajara. Silva torna a ricoprire l’incarico di ministro dell’ambiente precedentemente svolto dal 2003 al 2008 sempre sotto la presidenza Lula.

Il primo ministero per i popoli indigeni del Brasile

La creazione di questo ministero, presieduto da Guajajara, attivista del movimento per i diritti degli indigeni, è un primo passo importante per ricucire i rapporti deteriorati con i popoli indigeni a causa della politica razzista portata avanti da Bolsonaro. 
Si sottolinea anche il diritto di queste popolazioni di decidere sui territori in cui vivono senza dover temere la minaccia di attività economiche illegali. Gli indiani, in Brasile, non hanno diritti di proprietà collettiva delle loro terre come accade, ad esempio, in Perù e Colombia. Le politiche del governo, quindi, sono cruciali per la rappresentanza di questi.

La deforestazione da sola non significa sviluppo

L’ex-presidente Bolsonaro ha affrontato il discorso della foresta amazzonica come una questione di sviluppo o mancata crescita del paese; ma il discorso è molto più complesso. L’Amazzonia contiene circa un terzo di tutte le foreste pluviali presenti sulla Terra. E’ una risorsa importante di cibo, acqua e legna ma è anche fondamentale per l’equilibrio climatico del pianeta.

Negli ultimi quattro anni, la deforestazione è arrivata ai livelli mai visti da decenni. Secondo Mapbiomas, infatti, solo nel 2021 “si tratta di un aumento del 20 per cento rispetto all’anno precedente. Con la tendenza all’aumento della deforestazione negli ultimi tre anni, in questo periodo il Brasile ha perso quasi uno stato di Rio de Janeiro di vegetazione autoctona.” Ad esserne avvantaggiate non sono state di sicuro le popolazioni della zona. Al contrario, l’Amazzonia continua ad essere il territorio più povero del Paese. Solo se le politiche del governo riusciranno a distribuire la ricchezza, si potrà parlare di sviluppo sostenibile.

Riparare i danni causati è possibile ma non sarà facile

Il presidente Lula che precedentemente è stato alla guida del paese dal 2003 al 2011, aveva già dimostrato di essere capace di mettere in atto politiche a favore dell’ambiente. Durante quel periodo, infatti, la deforestazione era scesa del 75 per cento.

Questo è il suo terzo mandato e uno dei suoi primi atti è stato quello di ripristinare il Fondo Amazzonia che era stato creato nel luglio 2008, durante il suo secondo mandato, e ha lo scopo di finanziare lo stop alla deforestazione. In più, il ministro dell’ambiente ha annunciato un piano per strutturare un’autorità nazionale per la sicurezza climatica che supervisionerà l’esecuzione e l’attuazione della nuova politica climatica del Paese. L’obiettivo del governo è promuovere uno sviluppo sostenibile basato sulla biodiversità.

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