Trieste è bella di notte: denuncia le riammissioni informali

Uno sguardo alla realtà dei viaggi sulla rotta balcanica, le storie tra la vita e la morte, un omaggio alla dignità dei migranti. “Trieste è bella di notte”, un documentario di Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore, riporta sul grande schermo le facce e le voci dei ragazzi (migranti) respinti alla frontiera italo-slovena.

Il viaggio della rotta balcanica viene chiamato “game”. Ogni migrante può tentare questo “game”, duro e brutale, più volte finché non riesce ad entrare nel paese che desidera. Partono da diversi paesi, l’Iran, il Pakistan, l’Afghanistan… Partono a piedi attraversando la Turchia, fino alla Slovenia. La vista di Trieste è bella di notte con le luci sul porto per chi riesce ad entrare in Italia. E dopo? Una storia di inumanità.

Riammissioni informali o respingimenti illegali?

“Trieste è bella di notte” non racconta solo le storie dei migranti ma porta l’attenzione anche al lato politico del viaggio: le riammissioni informali.

“I richiedenti asilo non si possono riportare indietro. Il ministero sta violando la Costituzione e la Carta europea dei diritti fondamentali”.

L’illegalità di questa pratica è sancita con un’ordinanza del Tribunale di Roma del 18 ottobre 2021 sulle riammissioni informali sul confine italo-sloveno. Come viene documentato anche da “Trieste è bella di notte”, le riammissioni si trasformano poi in un respingimento a catena fino alla Bosnia. Questa ordinanza storica mette in evidenza ciò che viene denunciato dalle Ong e associazione dei diritti umani da anni: con le riammissioni il governo italiano sta violando le leggi italiane, la Costituzione, la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea ed anche lo stesso accordo bilaterale del 1996.

A seguito di questa ordinanza, e dopo un periodo di sospensione dovuta alla pandemia, le riammissioni sono state sospese. Lo scorso 28 novembre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha attivato di nuovo le riammissioni andando contro quanto stabilito dal Tribunale.

Questa pratica espone gli immigrati a trattamenti inumani e impedisce loro l’accesso alle procedure di asilo. Tali respingimenti producono anche un effetto a catena che porta queste persone a veder calpestati i propri diritti.

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