Scendo dal tram e cammino verso la fermata del pullman, arriva quello che mi porterà al lavoro, dirigo uno sguardo all’autista, lo faccio sempre, mi guarda e mi sorride, un sorriso così accogliente che mi fa capire che lui capisce quanto ringrazio che sia arrivato. Un sorriso ti cambia la giornata, un gesto amabile ci fa ricredere sul mondo, perché ci sono persone capaci di sentire empatia in modo profondo, in un modo così puro… ho bisogno di crederci, oggi più che mai.
Vorrei guardare più spesso fuori di me e trovare un autista che sorride, una persona che saluta per strada, qualcuno che tolga lo sguardo dal telefono per capire cosa succede nel cielo, persone che al guardarmi in faccia sappiano dirmi con i loro occhi: “sì, sono consapevole che ci sei tu, che sono co-responsabile di quanto accade nel mondo e accetto di essere un agente di cambiamento”
Ma il più delle volte mi ritrovo con sguardi persi, duri, con diffidenza e paura… ma non mi sorprende, mi spaventa. Spaventa che si sia normalizzato tanto l’astrarsi dalla realtà, come far uscire della bocca frasi sentite da qualcuno che vive nel privilegio e parla soltanto da quella posizione. Ed è terrificante che quelle parole escano da qualcuno che guida il mio paese (si, IL MIO PAESE!) dicendo che la disperazione non giustifica mettere a rischio i propri figli, quando si sa… nel diventare genitore si comincia ad avere paura e si vive combattendola, si sa nel diventare genitore si combatte fino allo sfinimento, si sa che nel diventare genitore faresti qualsiasi cosa pur di non veder soffrire i tuoi figli lottando anche con le unghie contro tutto il male… si sa… eppure c’è chi fa finta di non sapere…
“Nessuno mette i suoi figli su una barca, a meno che l’acqua non sia più sicura della terra” – Warshan Shire, Poetessa Somalo-Britannica