Il concetto di “luogo della parola” (Djamila Ribeiro), il più delle volte, è politicamente teorizzato come uno strumento utilizzato da vari movimenti sociali e gruppi di attivisti nel tentativo di dare voce alle esperienze e alle prospettive di persone storicamente emarginate o messe a tacere.
Tuttavia, in alcuni casi, il concetto è stato adottato dai governi di destra e dai movimenti neofascisti come una forma di simbolismo, per creare una facciata di inclusione e diversità senza apportare effettivamente cambiamenti strutturali significativi.
Il tokenismo è concetto popolarmente più conosciuto da un discorso di Martin Luther King nel 1962. Il tokenismo si verifica quando una persona o un gruppo viene spinto in una posizione di rilievo per soddisfare un’agenda politica, senza un reale cambiamento nella struttura o nelle pratiche che finiscono per perpetuare l’esclusione o l’emarginazione.
In questo senso, quando un governo di destra o un movimento neofascista afferma di dare spazio a gruppi emarginati per “luoghi di parola”, potrebbe usarlo come un espediente per mettere a tacere i critici e continuare a perpetuare l’oppressione.
È importante notare che il concetto di “luogo della parola” non è intrinsecamente problematico. Tuttavia, il suo utilizzo come forma di tokenismo può sminuire il suo vero scopo e impedire la creazione di cambiamenti reali e significativi per combattere l’oppressione e l’esclusione.
L’analisi del discorso è un approccio teorico-metodologico che mira ad analizzare come il discorso viene prodotto, distribuito e interpretato in diversi contesti sociali, politici e culturali.
A sua volta, il concetto di “luogo della parola” emerge come un modo per mostrare che ogni individuo ha una specifica posizione sociale, culturale e storica che influenza il modo in cui si esprime e viene ascoltato in un dato contesto.
Il concetto di “luogo della parola” è stato oggetto di critiche da parte di alcuni studiosi e attivisti per diversi motivi:
I. Limitazione dell’esperienza individuale: concetto di “luogo della parola” limiterebbe la comprensione a esperienza individuale e soggettivo, mettendo le persone in scatole prestabilite. Alcuni sostengono che questo può portare a una visione dell’identità semplicistica e riduzionista. “Sono nero, quindi soltanto io posso parlare di razzismo”:
“Sono una donna, quindi soltanto io posso parlare di femminismo”.
Un
Si noti che questa critica non esclude il valore dell’esperienza di coloro che parlano della propria oppressione. Considera solo che non è sufficiente il “luogo della parola” per ammettere questo discorso individuale come elemento, a priori, a favore delle lotte contro l’oppressione.
2-Problemi con la validità del discussione: come ho accennato nell’argomento precedente, il fatto che qualcuno sia o meno considerato avere un “luogo della parola” non significa rendere necessariamente la tua argomentazione più o meno valida. La validità di un’argomentazione deve essere valutata sulla base della sua stessa logica e delle prove materiali, indipendentemente dall’identità dell’individuo che la sostiene.
Esempi: i discorsi razzisti dell’ex presidente della Fondazione Palmares (specifica sulle politiche publiche raziale in Brasile), che è un uomo nero, nell’era Bolsonaro. Anche l’utilizzo da parte di Salvini in Italia di alcuni immigrati, soprattutto neri, all’interno del suo partito per placare le accuse di razzismo.
3 – Essenzialismo: Alcuni critici sostengono che il concetto di “luogo della parola” può essere
essenzialista, riducendo le persone alla loro identità.
4 – Possibilità di silenziare le voci divergente: Alcuni critici sostengono che il concetto di “luogo della parola” può portare all’esclusione di voci dissenzienti o emarginate all’interno dei gruppi identitari, creando una gerarchia di chi ha il diritto di parlare e chi no. Ciò può rafforzare le dinamiche di potere esistenti e impedire la costruzione di coalizioni efficaci e inclusive nella lotta contro l’oppressione.
Boaventura Sousa Santos, sociologo portoghese, critica il concetto di “luogo della parola” nel suo libro “Epistemologias do Sul”, pubblicato nel 2014.
Sousa Santos sostiene che il concetto di “luogo della parola” può portare a una “competizione tra le vittime”, in cui le persone contestano il primato dell’oppressione e della vittimizzazione, invece di unirsi in una lotta collettiva contro l’oppressione. Sostiene che tale concorrenza può creare divisioni e indebolire la lotta per la giustizia sociale.
Inoltre, Sousa Santos critica anche l’uso del concetto di “luogo della parola” come un modo per escludere le voci dissidenti che non si adattano a determinati schemi di oppressione. Sostiene che il concetto può essere utilizzato per rafforzare l’idea che solo le persone che subiscono determinate oppressioni hanno il diritto di parlare e che ciò può escludere voci importanti nella lotta per la giustizia sociale.