Il Comitato contro la tortura (Cpt) del Consiglio d’Europa ha pubblicato un rapporto sulle sue attività riguardante l’anno passato. Il Comitato chiede agli Stati membri di porre fine alle pratiche illegali di respingimento e ai maltrattamenti ai migranti.
Il 29 marzo è stato pubblicato il rapporto del Comitato contro la tortura a seguito delle osservazioni fatte durante diverse visite di monitoraggio. Il crescente numero dei casi di maltrattamenti ai migranti e rifugiati è allarmante.
l presidente del Cpt ha sottolineato due temi principali
Il primo è il respingimento dei migranti alle frontiere. Questa pratica che nega il diritto di cercare asilo in altri paesi “dà al Cpt un vero motivo di preoccupazione” dice il presidente del Comitato. In effetti le pratiche di respingimento illegali vengono eseguite nel contesto di allontanamenti forzati brutali e in condizioni deplorevoli alle frontiere terrestri e marittime di diversi Stati membri.
Solo lo scorso anno sono almeno 225.533 i migranti respinti alle frontiere esterne dell’Unione europea. Non si parla solo di paesi come Ungheria che ha una storia politica contro i migranti molto conosciuta, ma anche di altri paesi come Lituania e Lettonia che fanno meno notizia.
Il secondo tema, invece, è su “i cittadini stranieri detenuti ai sensi della legislazione sull’immigrazione”. Questi migranti sono spesso vittime di trattamenti degradanti e inumani. Su questo tema, il rapporto conferma le prove raccolte da Amnesty International: “Le autorità non indagano sulle denunce di torture, maltrattamenti e altre violenze avvenute nel contesto delle operazioni alle frontiere”.
Un modo per evitare di calpestare i diritti dei migranti c’è
Il Comitato contro la tortura descrive una serie di misure preventive e chiede l’adozione di un approccio che salvaguardi i diritti umani dei migranti. L’ondata delle politiche contro i “migranti illegali” in tutta l’Europa, però, è preoccupante. A questo punto sarebbe più efficace un monitoraggio indipendente alle frontiere rispetto alla richiesta di uno sforzo (collettivo o singolo) degli Stati membri per riuscire a fronteggiare la situazione.