Appropriazione culturale: cos’è e quali critiche vengono mosse?

Il termine “appropriazione culturale” è stato utilizzato per la prima volta negli anni ’80, principalmente nel contesto dei dibattiti sulla cultura popolare e l’appropriazione culturale nel movimento delle arti nere negli Stati Uniti. Tuttavia, l’origine esatta del termine è sconosciuta e ci sono diverse persone che affermano di aver coniato il termine.

Alcuni suggeriscono che il termine sia stato usato per la prima volta nel libro di Benedict Anderson del 1983 “Imagined Communities”, mentre altri attribuiscono alla teorica culturale americana Susan Sontag il merito di essere stata la prima a usarlo nel suo libro “Notes on “Camp’” nel 1964. Ad ogni modo, in “Comunità immaginate”, Benedict Anderson non menziona esplicitamente il termine “appropriazione culturale”.

Il libro di Anderson si concentra sull’analisi della formazione delle nazioni moderne e sull’idea di “comunità immaginate”. Il dibattito sull’appropriazione culturale è affrontato in altri lavori. Anche Susan Sontag non ha usato esplicitamente il termine “appropriazione culturale” nel suo saggio “Notes on ‘Camp'” del 1964. Discute invece l’idea di “appropriazione estetica” in riferimento all’uso di elementi della cultura di massa da parte dell’arte e della moda. Tuttavia, alcune persone affermano che Sontag ha contribuito a rendere popolare il concetto di appropriazione culturale discutendo l’idea di “appropriazione estetica”. Ma la discussione sull’appropriazione culturale risale a secoli fa e il termine potrebbe essere stato usato in modo informale da molti prima che diventasse parte del discorso accademico e politico.

Punto pacifico tra i ricercatori è che il concetto di appropriazione culturale è piuttosto complesso e sfaccettato ed è stato discusso da persone diverse in contesti diversi. L’antropologo culturale americano Richard Handler e la studiosa di letteratura haitiana e cultura caraibica Jana Evans Braziel, nel loro libro “Cultural Memory: Resistance, Faith, and Identity” pubblicato nel 2006, sostengono che il termine “appropriazione culturale” iniziò ad essere usato esplicitamente negli anni ’80 in relazione a questioni di razza e identità culturale negli Stati Uniti.

Più specificamente, il termine “appropriazione culturale” iniziò ad essere utilizzato nei dibattiti all’interno del movimento delle arti nere negli Stati Uniti per riferirsi all’adozione e all’uso non autorizzato di elementi della cultura nera da parte della cultura bianca dominante. Ad esempio, l’uso di acconciature afro tradizionali da parte di modelle bianche nelle sfilate di moda, o l’uso di stili musicali neri da parte di musicisti bianchi senza un adeguato credito o riconoscimento. Il termine è stato utilizzato per evidenziare lo squilibrio di potere tra i gruppi culturali e lo sfruttamento culturale dei gruppi minoritari da parte delle culture dominanti.

Nel frattempo, il dibattito sull’uso del concetto si è evoluto e ci sono diverse critiche al concetto di appropriazione culturale. Per cominciare, spesso non è chiaro cosa costituisca “appropriazione culturale” e dove dovrebbe essere tracciata la linea di demarcazione tra appropriazione culturale e apprezzamento. Questo può portare a controversie e incomprensioni, come il caso recente del bambino bianco napoletano che è stato criticato per vestirsi e fare il “blackface” per assomigliarsi al suo idolo nigeriano Victor Osimhen.

In secondo, il concetto di “appropriazione” non tiene in conto l’idea della complessità culturale. Molte culture sono complesse e interconnesse, rendendo difficile determinare dove inizia una cultura e dove finisce un’altra. Ciò rende difficile giudicare se qualcosa sia un’appropriazione culturale o un legittimo scambio culturale. Anche lascia fuori l’idea dhe le norme culturali siano diverse e variano tra le culture e ciò che può essere considerato appropriazione culturale in una cultura potrebbe non essere considerato culturalmente appropriato in un’altra. Questo può portare a incomprensioni e conflitti.

Lo scrittore e commentatore politico britannico Kenan Malik sostiene, per esempio, che il concetto di appropriazione culturale è spesso basato su una nozione essenzialista e omogeneizzante di cultura, che ignora la diversità e la complessità delle pratiche culturali. Afferma che un’eccessiva attenzione all’appropriazione culturale può portare a una politica di esclusione culturale, in cui le persone sono incoraggiate a rimanere in “silos culturali” separati piuttosto che impegnarsi in un dialogo interculturale ricco e reciprocamente arricchente.

Una discussione interessante è sulla “perpetuazione degli stereotipi”: il concetto di appropriazione culturale può rafforzare gli stereotipi culturali e creare una visione limitata e superficiale di una cultura. Una delle difensore di questo argomento è Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice nigeriana che ha parlato dell’importanza di riconoscere la complessità e la diversità della cultura africana: “La cultura africana è molto più di una raccolta di stereotipi e simboli esotici. È una complessa rete di pratiche e tradizioni che si sono sviluppate nel corso di secoli di interazione e scambio culturale”, ha detto nel 2013.

Anche Yaba Blay, professoressa universitaria e attivista nigeriano-americana, che ha scritto sulla complessità e la fluidità delle identità culturali nella diaspora africana è della stessa opinione. Piuttosto che usare il termine “appropriazione culturale”, lei sostiene l’idea che la cultura nera sia “proprietà condivisa” a cui si può accedere e utilizzare in modo rispettoso e produttivo. Possiamo leggere questo in una intervista del 2013, “African Booty Scratcher: A Candid Conversation About Colorism”.


L’avvocato statunitense Susan Scafidi, che ha coniato il termine “appropriazione culturale” nel suo libro “Who Owns Culture?”, del 2005, è stata criticata da alcuni studiosi per il suo approccio legalistico e individualistico alla questione. Sostengono che il concetto di appropriazione culturale non tiene conto delle relazioni di potere più ampie che modellano le pratiche culturali e che, di conseguenza, può essere utilizzato per promuovere un approccio ristretto e superficiale alla giustizia sociale e culturale.


Un’altro punto è che il concetto limiterebbe la libertà di parola. Ci sono studiosi che sostengono che la nozione di appropriazione culturale può essere utilizzata per censurare la libertà di parola e creare limitazioni al libero flusso di idee e culture. Paul Gilroy, storico e teorico culturale britannico di origine afro-caraibica, ha scritto sull’importanza della solidarietà transnazionale nella diaspora africana. Per Gilroy, piuttosto che concentrarsi sull’appropriazione o sulla protezione della cultura nera, dovremmo cercare modi di collaborazione e dialogo tra comunità e culture: “Dobbiamo cercare forme di solidarietà transnazionale nella diaspora africana, piuttosto che concentrarci sull’appropriazione o sulla protezione della cultura nera. La cultura è una fonte di connessione e dialogo tra comunità e culture”, in The Black Atlantic: Modernity and Double Coscienza”, un libro pubblicato nel 1993.

Tanti studiosi sottolineano quello che chiamano “doppio standard”. Ossia, che il concetto di “appropriazione culturale” sia applicato in modo incoerente e selettivo e che sia spesso utilizzato per attaccare persone di determinate razze o etnie, mentre altri sono autorizzati ad appropriarsi delle culture minoritarie senza conseguenze. Lo scrittore, teorico e professore universitario marxista Frank B. Wilderson III scrive che il concetto di appropriazione culturale presuppone l’esistenza di una cultura autentica e omogenea, il che è problematico per la teoria marxista. Sostiene che la cultura è sempre contestata e contraddittoria e che la nozione di autenticità culturale è un’illusione. Pertanto, la critica dell’appropriazione culturale, che si basa sulla nozione di autenticità culturale, è inadeguata a comprendere le complesse dinamiche della cultura e della lotta di classe.
Alcuni marxisti criticano il concetto come una forma di “politica dell’identità” che si concentra sulla lotta per il riconoscimento culturale e simbolico a scapito delle questioni economiche e di classe.

Il dibattito sulla questione dell’appropriazione culturale deve essere fatto con cura e rigore come qualcosa di importante dentro la lotta contro l’oppressione culturale e simbolica. Queste lotte devono essere viste come parte integrante della più ampia lotta per la giustizia sociale ed economica, sottolineando l’importanza di affrontare questioni di classe e identità culturale in modo interconnesso e sostenendo azioni che promuovono la solidarietà e l’unità tra i diversi gruppi sociali.

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