La Corte europea dei diritti dell’uomo (CEDU) ha condannato la Grecia per non aver ospitato adeguatamente una richiedente asilo in un hotspot greco nel 2019. E’ la prima volta per una condanna di questo tipo. Secondo la Corte, la giovane donna ha subito un trattamento inumano e degradante.
Il 16 agosto 2019, “AD”, una cittadina ghanese di 23 anni incinta di 6 mesi, è arrivata a Samos. La giovane doveva essere ospitata nel centro di accoglienza e identificazione (RIC) dell’isola. A causa del sovraffollamento – 4.190 persone per 648 posti letto in quel momento – ha dovuto vivere in una tenda nel bosco vicino alla struttura. Solo alla fine di settembre ha ottenuto un posto all’interno del RIC, secondo la sentenza della CEDU, l’organo in cui la giovane donna ha ha presentato le proprie proteste per le sue condizioni di vita.
Davanti a questo tribunale, ha testimoniato di non aver avuto cibo adeguato ad una donna incinta di sei mesi, che i servizi igienici dell’hotspot erano “inadeguati”, che temeva “per la sua sicurezza e gravidanza” e soffriva di “disturbi del sonno”. Ha dovuto rimanere in una tenda fino al parto. È stato solo dopo aver dato alla luce sua figlia e a seguito di un provvedimento provvisorio ordinato dalla CEDU, che “AD” è stata finalmente in grado di lasciare l’isola.
“È diventata una lotta per la sopravvivenza”
In questo campo di Samos, la difficile situazione è stata confermata dalla Commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa, Dunja Mijatović, durante una visita di cinque giorni in Grecia nell’ottobre 2019.
“Le persone fanno la fila per ore per prendere il cibo e andare in bagno, quando disponibile. A Samos, le famiglie scolpiscono le rocce per fare spazio su ripidi pendii per allestire i loro rifugi di fortuna, spesso fatti di alberi che hanno tagliato loro stessi. Questo non ha più nulla a che fare con l’accoglienza dei richiedenti asilo. È diventata una lotta per la sopravvivenza”, ha detto all’epoca.
A queste accuseil governo greco ha risposto durante l’udienza dinanzi alla CEDU. Ha sostenuto che al momento degli eventi, la Grecia stava “affrontando una nuova crisi migratoria” e che “il sistema di accoglienza era sotto pressione”. Nonostante questa situazione, “la donna ha ricevuto, durante il suo soggiorno, pasti e acqua in quantità sufficiente e la sua visita medica si è svolta rapidamente”, aggiungono le autorità. E’ stato aggiunto che “AD” non ha subito “alcuna forma di abuso (…) anche se le sue condizioni di accoglienza e di vita non sono state pienamente in linea con le modalità di accoglienza a causa del gran numero di arrivi durante quel periodo”.