All’Eurovision Song Contest 2023 l’inclusività che ci piace

Si è tenuta ieri sera, sabato 13 maggio, la finale dell’edizione 2023 dell’Eurovision Song Contest, che lo scorso anno, ricordiamo, si è svolto a Torino.

L’Eurovision Song Contest è l’evento non sportivo più seguito al mondo, tanto che da anni vi partecipa anche l’Australia, paese fan dello show e che lo trasmette in diretta nonostante il fuso orario. Il programma viene trasmesso anche in Canada, Usa e Cina. La competizione è nata negli anni ‘50 come modo per unire le nazioni europee in seguito alla Seconda Guerra Mondiale. È da allora che questo messaggio di unione viene portato avanti, nei tempi più recenti arricchito da incoraggiamenti a tematiche inclusive di ogni tipo, per esempio verso la comunità lgbtq+. La sigla dell’evento è il Te Deum risalente al 1600, trasmesso tradizionalmente prima di un programma in eurovisione.

L’anno scorso a vincere è stata l’Ucraina e la tradizione dell’evento prevede che il paese vincitore lo ospiti l’anno successivo. Per ovvi motivi e difficoltà economiche e di sicurezza l’Ucraina non avrebbe potuto allestire lo spettacolo, compito che è stato accolto dal secondo paese classificato lo scorso anno, la Gran Bretagna. Ecco perché l’Eurovision si è tenuto quest’anno a Liverpool, anche con la benedizione e la presenza dei reali inglesi: Kate Middleton ha partecipato al video d’apertura della serata finale suonando al pianoforte le note della canzone ucraina che ha vinto nel 2022, Stefania dei Kalush Orchestra.

Sia la scorsa edizione che quella appena conclusa ha portato molta attenzione sull’attuale situazione ucraina, anche se a Zelensky non è stato permesso di trasmettere un video-messaggio. Uno degli elementi inclusivi e di reale unione tra i paesi è stata la collaborazione tra Ucraina e Gran Bretagna. Nonostante quest’ultima accogliesse ufficialmente l’evento non ha oscurato la vincitrice in carica. Sia la conduzione che le esibizioni fuori concorso in tutte e tre le serate hanno legato alla perfezione talento e artisti inglesi e ucraini. La prima sera è stata fatta addirittura ironia sui numerosi successi ucraini all’Eurovision rispetto all’andamento accidentato della Gran Bretagna che spesso si è classificata molto in basso. Sono stati presentati moltissimi artisti famosi in ucraina, sono state cantate poesie e canzoni tradizionali, così che anche noi potessimo conoscerle, mentre alcune le conoscevamo bene senza sapere da dove provenissero.

Un elemento da non sottovalutare è che tra gli artisti di enorme calibro internazionale che l’UK ha messo in campo fin dalla prima sera per intrattenere fuori concorso vi sono state cantanti inglesi di origini straniere. Una delle tre conduttrici infatti era Alesha Dixon cantante britannica nera conosciuta in tutto il mondo. Mentre nell’intermezzo della prima sera ad esibirsi (sempre al fianco di artisti ucraini) sono state la cantante nera Rebecca Ferguson e Rita Ora britannica di origini kosovaro albanesi, entrambe note a livello mondiale. Un altro straniero di seconda generazione a esibirsi, durante la finale, è stato il nostro Mahmood sulle note di Imagine.

Un altro elemento di unione sono state le note cartoline che vengono mostrate al pubblico prima di ciascuna esibizione. Solitamente si tende a riprendere luoghi iconici del paese ospitante, ma quest’anno ciascuna cartolina esibiva ben tre luoghi, simili tra loro, uno in Ucraina, uno in UK e un terzo nel paese che si stava per esibire. Un approccio molto interessante e ben riuscito per raffigurare il legame e le somiglianze pur nella diversità.

Un riferimento impossibile da tralasciare è anche la celebrazione dell’universo drag sia nella seconda serata con l’esibizione di tre drag queen che imitavano le conduttrici, sia nella finale con la presenza dell’ucraina Vjerka Serdjučka.

Voi lo avete visto? Che canzone avete preferito?

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