È uscito al cinema il 24 maggio il tanto atteso live action de La Sirenetta che fin dai primi trailer aveva provocato infinite polemiche per la scelta della sua protagonista. È arrivato quindi il momento di parlare di questo film tanto discusso.
Il film si ispira e segue quasi passo passo il cartone animato originale del 1989, proprio come altri recenti live action disneyani come quello di La bella e la bestia. La versione del 2023 è diretta da Rob Marshall, regista noto per musical come Chicago, Nine, Into the woods ma anche per il terzo volume de I pirati dei caraibi. Non a caso la nuova sirenetta, a mio parere, ricorda il personaggio di Calipso e anche per questo risulta bellissima e molto credibile come creatura marina.
Prima che uscissero i primi trailer si vociferava già che la sirenetta del live action sarebbe stata nera, interpretata dalla bellissima e bravissima Halle Bailey, attrice e cantautrice. Questo ai fan più accaniti e conservatori non era piaciuto. Rimpiangevano tutti la chioma rossa di Ariel e la sua pelle bianca gridando allo scempio e al controllo del politicamente corretto. I primi trailer però hanno portato un’ondata di risposte online attraverso video in cui i genitori riprendevano i loro bambini non caucasici commuoversi di fronte alla nuova Ariel e dire “mamma guarda è come me”. Difficile ribattere negativamente alla gioia pura di un bambino. Difficile anche solo non commuoversi di fronte a queste riprese.
Il film del 2023 è caratterizzato da diversi elementi nuovi che ne permettono una cornice inclusiva e diversificata. Prima di tutto le sorelle di Ariel: proprio come lei nemmeno loro vengono rese con la pelle del cartone. Esse sono tutte di origini diverse perché rappresentano i sette mari, ognuna con il proprio regno e le proprie caratteristiche fisiche specifiche. Tuttavia la loro presenza è stata molto limitata anche rispetto al cartone originale e sembrerebbe più una scelta di marketing e merchandising. Un altro fattore fondamentale è l’ambientazione del film, che spiega anche perché la nuova Ariel sia nera. Ci troviamo infatti sulle coste del Brasile. Si parla infatti anche della storica coltivazione e vendita della canna da zucchero. A sua volta, il principe Eric è il figlio adottato di una potente e coraggiosa regina nera. Questa è una bella storia rovesciata in quanto sappiamo che gli eventi storici reali videro invece quelle zone controllate dai bianchi e le persone nere trasportate dall’Africa per lavorare le piantagioni come schiavi. Tuttavia, i realizzatori del film hanno scelto per Eric un attore caucasico, inglese, motivo per cui viene specificato che il giovane non è figlio biologico della regina. Non riesco a spiegarmi se questa sia una scelta di cooperazione tra persone nere e bianche, o un racconto inclusivo e sovversivo a metà.
Ho sentito infatti alcune interessanti riflessioni secondo cui il film avrebbe avuto tutto le carte in regola per trattare invece e più approfonditamente la salute del pianeta e del mare, l’inquinamento delle acque e le specie marine messe in pericolo dall’uomo, dai rifiuti e dalla pesca intensiva. Mentre, seppur con spunti davvero interessanti, il racconto sulla diversity e inclusion risulta solo accennato, non abbastanza approfondito, non curato fino in fondo per renderlo davvero tridimensionale e legato alla storia. Non abbastanza forte da rispondere alle critiche di un politicamente corretto che vuole inserire messaggi in ogni dove senza ben contestualizzarli. Altre critiche sono inoltre state mosse alla resa di alcuni personaggi ed elementi sott’acqua, all’interpretazione di Ursula e Re Tritone, affidata a due attori magistrali ma che non riescono a brillare. Infine, nella versione italiana, il doppiaggio ha mantenuto i testi delle meravigliose canzoni originali ma la sincronizzazione con le espressioni e le labbra dell’attrice a volte sono davvero mal riuscite.
Detto ciò, il film è godibile e può far passare a tutti due ore immersi in un sogno. Speriamo che la nuova Ariel abbia reso felici e fieri del loro aspetto tanti bambini, e non solo.