Parliamo di Questo mondo non mi renderà cattivo, la nuova serie animata del fumettista romano italo-francese Zerocalcare, realizzata in collaborazione con Netflix. Il titolo di questo articolo è un richiamo a La profezia dell’armadillo, primo fumetto pubblicato dell’autore, ma fa riferimento alla forza profetica ovvero anticipatoria di Questo mondo non mi renderà cattivo. Zerocalcare infatti ha affermato che la storia risale a quattro anni fa, ma purtroppo oggi risulta più attuale che mai. Forse non a caso la serie si conclude nella Fossa delle Marianne.
Gli scontri con le decisioni e le misure prese dall’attuale governo sono continui. Risale a due mesi fa il dibattitto sulla cosiddetta sostituzione etnica. E non c’è settimana in cui i giornali non annuncino l’ennesimo naufragio e un numero inaccettabilmente alto di vittime. Un orrore così evidente che però in qualche modo è diventato abituale e passa ormai inosservato.
Quando dopo gli scontri davanti al centro di accoglienza Zero si ricorda che in quell’edificio c’erano effettivamente delle persone, le persone per cui teoricamente si stava protestando, l’Armadillo, sua coscienza, lo deride dicendogli che si è sorpreso dell’evidenza come se un pinguino gli avesse cagato in cucina. Il modo in cui reagiamo, o meglio non reagiamo alle quotidiane notizie di vittime in mare fa pensare che tutti noi siamo ormai abituati al nostro pinguino che caga in cucina.
Questo mondo non mi renderà cattivo è riuscito quanto Strappare lungo i bordi, il primo progetto che Zerocalcare ha realizzato con Netflix. Fa arrabbiare, fa piangere e fa veramente ridere. Si tratta però anche di una storia meno universale e forse più divisiva, lo ha detto anche l’autore in alcune interviste.
Zerocalcare parla di immigrazione e di centri d’accoglienza, ma anche del suo quartiere, del suo amico Cesare e di sé stesso. Del contrasto tra ideali e sogni e la concretezza della vita vera e i compromessi a cui questa ci chiede di scendere con i nostri valori. Questa serie riesce a trattare tanti temi diversi e per questo è meno lineare della prima, ma raccoglie tutto sotto una parola: emarginazione. Emarginati sono i trenta stranieri che si trovano nel centro e che non vediamo quasi mai. Emarginato è Cesare che torna dalla comunità dopo vent’anni e si sente un fantasma che non riconosce più nessuno. Ma lo è anche il quartiere in cui loro vivono, il tipico luogo di periferia dove i giornalisti vanno a cercare il fenomeno da baraccone, dice Zero. Un malessere sociale, condiviso da tutti, ma dove ciascuno combatte per conto suo e il nemico sbagliato: non un sistema disfunzionale ma gli altri, ugualmente emarginati.